Le travagliate relazioni fra mormonismo e neri (1954-oggi)

Sebbene sia sempre stata un’idea con una certa popolarità fra i membri, i dirigenti non sostennero mai che i neri fossero stati neutrali nella guerra nei cieli; si insegnava invece che avevano commesso una qualche altra colpa non specificata nella preesistenza o non erano stati valorosi e per questo furono destinati a nascere neri, senza poter detenere il sacerdozio o fare le proprie ordinanze al tempio. Wilford Woodruff scrisse nel proprio diario che il 25 dicembre 1869, alla scuola dei profeti, Lorenzo Young disse a suo fratello Brigham che aveva sentito che secondo Joseph Smith i neri erano stati neutrali durante la ribellione di Lucifero. “Il presidente Young disse no, non lo furono. Non c’erano spiriti neutrali in cielo all’epoca della ribellione. Tutti si schierarono. Disse che, se qualcuno dicesse di aver sentito il profeta Joseph dire che gli spiriti dei neri erano stati neutrali in cielo, non gli crederebbe perché aveva sentito Joseph dire il contrario. Tutti gli spiriti che vengono dalla presenza di Dio sono puri. La posterità di Caino è nera perché egli aveva ucciso. Uccise Abele e Dio pose un marchio sulla sua posterità, ma gli spiriti che entrano nei loro tabernacoli sono puri e ci sarà una possibilità per la redenzione di tutti i figli di Adamo, eccetto i figli di perdizione.” Anche Joseph Fielding Smith disse in Dottrine di salvezza (vol. 1, p. 68) che “Nella guerra nei cieli non ci furono neutrali. Tutti si affiancarono o a Cristo o a Satana. In cielo ognuno aveva il libero arbitrio, e sulla terra gli uomini sono castigati o premiati secondo le azioni che lassù commisero, così come saranno premiati o castigati nell’aldilà per le azioni compiute in questa vita. Evidentemente il negro sta ricevendo la ricompensa che merita.” L’assistente al Quorum dei Dodici Alvin R. Dyer disse alla conferenza della missione di Oslo del 18 marzo 1961, raccomandando però di non dirlo ai loro simpatizzanti: “Suppongo che abbiate sentito dei missionari dire o farsi la domanda ‘perché un negro è un negro?’ E avete sentito la risposta: ‘Non erano né caldi né freddi, dunque il Signore li fece negri.’ Questo ovviamente non è vero. Il motivo per cui gli spiriti nascono in corpi negri è che gli spiriti rigettarono il sacerdozio di Dio nella preesistenza. Questo è il motivo per cui ci sono i negri nel mondo.” Il marchio della pelle scura serviva a riconoscere immediatamente queste persone che erano state meno valorose e, secondo i dirigenti, era la volontà divina che non ci fossero matrimoni misti e la segregazione razziale negli Stati Uniti era una politica positiva.

Dopo la guerra civile americana si impose, soprattutto nel Sud, un regime in cui bianchi e neri vivevano separate but equal: i neri erano relegati in appartamenti, scuole, impieghi, alberghi, ristoranti e bagni separati dagli altri ma l’uguaglianza esisteva solo nella teoria, dato che i servizi destinati ai cittadini neri erano tipicamente meno finanziati e più scadenti e molti stati del Sud impedivano in vari modi ai cittadini neri di votare. Col passare del tempo venne smantellata la struttura legale che li segregava, non senza enormi proteste: il primo colpo cadde quando nel 1954 la corte suprema giudicò incostituzionale la segregazione nelle scuole pubbliche, mentre il movimento per i diritti civili raggiunge la massima intensità negli anni ’60.

Il 27 agosto 1954 l’apostolo Mark E. Petersen tenne un discorso per gli insegnanti di religione della BYU nel quale sosteneva che lo scopo finale della lotta per i diritti civili era di aprire le porte ai matrimoni misti fino al punto in cui, in futuro, i neri e i bianchi si sarebbero completamente mescolati. L’intervento era una rassegna di vari insegnamenti della Chiesa sui neri e degli atteggiamenti di molti membri verso di loro:

“Non possiamo sfuggire alla conclusione che, a causa del comportamento nella preesistenza, alcuni di noi nascono cinesi, alcuni giapponesi, alcuni indiani, alcuni negri, alcuni americani, alcuni santi degli ultimi giorni. Queste sono ricompense e punizioni, del tutto in armonia con la Sua politica stabilita nel gestire peccatori e santi, ricompensando tutti secondo le loro azioni.” 

“Quando Egli pose un marchio su Caino, praticò la segregazione. Quando disse a Enoc di non predicare il vangelo ai discendenti di Caino che erano neri, il Signore praticò la segregazione. Quando Egli maledì i discendenti di Caino in merito al sacerdozio, praticò la segregazione.” 

“Il Signore segregò i popoli sia nel sangue sia nel luogo di residenza. Almeno nel caso dei Lamaniti e dei negri, abbiamo la parola definitiva del Signore stesso che pose una pelle scura su di loro come maledizione -come punizione e come segno per tutti gli altri. Egli proibì il matrimonio con loro sotto la pena di allargare la maledizione (2 Nefi 5:21). Egli certamente segregò il negro in merito al sacerdozio e tracciò una linea definitiva. Si potrebbe anche dire che calò una cortina di ferro in quel caso. Il negro è stato maledetto riguardo il sacerdozio e quindi è stato maledetto riguardo le benedizioni del sacerdozio. Dio ha certamente creato una segregazione in quel caso.” 

“Se dovessi sposare una donna negra e avere figli da lei, i miei figli sarebbero tutti maledetti in merito al sacerdozio. Voglio che i miei figli siano maledetti riguardo al sacerdozio? Se c’è una sola goccia di sangue negro nei miei figli, come vi ho letto, essi ricevono la maledizione. Non c’è discussione quindi riguardo il matrimonio misto con i negri, no? […] Ora, noi siamo generosi con il negro. Permettiamo al negro di avere il più alto livello di educazione. Permetterei a ogni negro di guidare una Cadillac se se la può permettere. Permetterei loro di avere tutti i vantaggi che possono avere dalla vita nel mondo. Ma che si godano queste cose fra di loro. Credo che il Signore ha segregato il negro, e chi è l’uomo per cambiare quella segregazione? Mi ricorda quella scrittura sul matrimonio, ‘ciò che Dio ha unito, nessuno lo separi.’ Solo che in questo caso abbiamo la cosa contraria -Ciò che Dio ha separato, nessuno lo unisca di nuovo”.

Nonostante le argomentazioni ribadite da Petersen, lo storico della Chiesa Leonard Arrington scrive nella propria autobiografia che “Un comitato speciale dei Dodici incaricato dal presidente McKay nel 1954 di studiare il problema concluse che non c’era una solida base scritturale per la politica, ma che i membri della Chiesa non erano preparati al suo ribaltamento.” (Adventures of a Church Historian, p. 183 e raccomando tutto il capitolo 11) McKay era appena stato in un tour in America latina e in Sudafrica, dove le difficoltà nell’ordinare i membri locali al sacerdozio lo avevano particolarmente colpito. Qualche settimana dopo il ritorno disse a un meravigliato Sterling McMurrin (ex direttore di Istituto che tornerà nella storia più avanti) che il divieto del sacerdozio ai neri non era una dottrina, come insegnato fino ad allora, ma una semplice pratica e che un giorno sarebbe cambiata (David O. McKay and the Rise of Modern Mormonism, pp. 79-80 e raccomando tutto il capitolo 4).

Negli anni ’50 si pubblicano due dei libri più influenti del mormonismo: i tre volumi di Dottrine di Salvezza dell’apostolo Joseph Fielding Smith, tradotto anche in italiano, e Mormon Doctrine, del suo genero e Settanta Bruce R. McConkie. Smith nella sezione in cui parla di “perché gli uomini nascono di razze diverse” spiega che “C’è una ragione per cui un uomo nasce nero e con altri svantaggi, mentre un altro nasce bianco con grandi vantaggi. La ragione è che un tempo, prima di venire qui, eravamo in una certa condizione ed eravamo più o meno obbedienti alle leggi che colà ci erano state date. Quelli che là furono fedeli in tutte le cose hanno ricevuto qui benedizioni più grandi, e coloro che non furono fedeli hanno ricevuto di meno.” (vol. 1, p. 63) McConkie, il cui libro è impostato come un’enciclopedia, scrive alla voce “negri” di vedere anche “Caino, Cam, preesistenza, sacerdozio, razze degli uomini” e che “Coloro che furono meno valorosi nella preesistenza e che perciò si videro imposte alcune restrizioni spirituali nella mortalità ci sono oggi noti come negri. Tali spiriti sono inviati sulla terra attraverso il lignaggio di Caino, il cui marchio ricevuto per la sua ribellione contro Dio e il suo assassinio di Abele è una pelle nera. (Mosè 5:16-41; 7:8,12,22) Cam figlio di Noè sposò Egyptus, una discendente di Caino, mantenendo così il lignaggio negro dopo il diluvio. (Abra. 1:20-27)” (pp. 476-477) Nel 1960 esce anche Mormonism and the Negro, composto da due saggi di James J. Stewart, professore di giornalismo alla Utah State University, e William E. Berrett, vicepresidente della BYU. Il libro cerca di dare motivi dottrinali, storici e retorici riguardo l’interdizione del sacerdozio e fu molto apprezzato ai tempi, al punto che verrà raccomandato da autorità generali e insegnanti di Istituto.

Nel 1962 David O. McKay decide di aprire una missione in Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa. C’erano notizie di molti nigeriani che si erano convertiti spontaneamente leggendo opuscoli della Chiesa e chiedevano di poter essere battezzati. L’amministrazione ecclesiastica di un paese in cui di fatto nessun cittadino avrebbe potuto detenere il sacerdozio sarebbe stata un’impresa davvero ardua, dato che tutti i ruoli che richiedevano il sacerdozio avrebbero dovuto essere ricoperti da missionari o da altre persone appositamente inviate dalla Chiesa. McKay e il suo consigliere Hugh B. Brown si chiesero se non fosse il caso di aprire almeno il sacerdozio di Aaronne agli africani, ma alla fine non se ne fece nulla. L’anno successivo McKay permise che la BYU offrisse borse di studio a studenti nigeriani ma Harold B. Lee, apostolo che era nel consiglio di amministrazione dell’università e che si opponeva alla misura, mise fine al programma appena un paio di anni dopo. La situazione si fece ancor più difficile e tesa quando un universitario nigeriano in California lesse Mormonism and the Negro e scrisse una lettera indignata, pubblicata dal Nigerian Outlook il 5 marzo 1963: “Non credo che molta gente conosca questa religione in Nigeria; ma se leggete uno dei loro libri, Mormonism and the Negro, realizzerete che una tale massa di pazzi non ha il diritto di andare sotto il nome di cristiani. I mormoni credono che i negri sono una razza di reietti sottoposti a una qualche punizione in questo mondo per ciò che fecero in un’esistenza precedente. Essi sono ‘angeli caduti’.” L’articolo e le proteste di altri studenti portarono il governo nigeriano a essere restìo nel rilasciare i visti per i missionari e, visto che i nigeriani interessati vivevano soprattutto nel Biafra, la guerra civile che scoppiò nel 1967 pose fine ai tentativi missionari della Chiesa.

Romney, a sinistra, in una marcia per i diritti civili nel 1963


Il 1963 è un anno estremamente intenso nella storia degli Stati Uniti: il 28 agosto si svolge la grande marcia su Washington dove Martin Luther King pronuncia il discorso “I have a dream” e il presidente Kennedy viene assassinato il 22 novembre a Dallas, solo pochi giorni dopo il discorso ai quadri di base di Malcolm X. Il congresso intanto aveva proposto un disegno sui diritti civili che vieterà la discriminazione in base a razza, nazionalità, religione e sesso, che il 2 luglio 1964 diventerà legge sotto Lyndon B. Johnson con il nome di Civil Rights Act. Un politico mormone di rilievo dell’epoca era George W. Romney, governatore repubblicano del Michigan e stella nascente del partito, che si sarebbe poi presentato alle primarie per le elezioni presidenziali del 1968. Romney, che governava uno stato in cui un decimo della popolazione era di colore, aveva posizioni progressiste e aveva promosso diverse leggi per limitare la segregazione razziale, oltre a sostenere pubblicamente il Civil Rights Act.

Il 23 gennaio 1964 l’apostolo Delbert L. Stapley scrive a Romney: “Sono molto preoccupato dopo aver ascoltato il tuo discorso sui diritti civili. Molti altri mi hanno espresso la stessa preoccupazione.” Stapley riprende la lettera di Joseph Smith pubblicata sul Messenger and Advocate di aprile 1836, in cui è detto che chi si schiera contro le decisioni divine in merito ai neri lo fa a suo rischio e pericolo: “Quando rifletto sulle dichiarazioni del profeta e ricordo cos’è successo a tre dei presidenti della nostra nazione che erano molto attivi nella causa negra, la loro fine mi fa rinsavire. Essi andarono contro gli insegnamenti del profeta Joseph Smith”, riferendosi a Lincoln, McKinley e Kennedy, tutti assassinati durante le rispettive presidenze. Continua spiegando che “Non è giusto forzare una qualsiasi classe o razza di persone su quelle di un ordine sociale o di una classificazione razziale diversi. Le persone sono più contente quando sono collocate in un ambiente e in associazione a interessi, istinti razziali, abitudini e raggruppamenti naturali simili. 

Allego un piccolo libricino intitolato Mormonism and the Negro, che potresti già avere. In caso contrario, è un’esposizione illuminante e riflette piuttosto bene la posizione della Chiesa riguardo quelle persone. 

Non sono contro una proposta di legge sui diritti civili se è conforme ai pareri del profeta Joseph Smith secondo i riferimenti dati sopra. Sono completamente d’accordo che il negro abbia diritto alle considerazioni già menzionate, ma non a benefici sociali completi, né ai privilegi del matrimonio misto con i bianchi, né i bianchi dovrebbero essere obbligati ad accettarli in zone riservate ai bianchi. A mio avviso, il progetto di legge sui diritti ora proposto è legislazione terribile.”

Stewart Udall nel 1961
 

Anche nell’amministrazione Kennedy c’erano state due importanti personalità mormoni: Stewart Udall come segretario degli interni e Sterling McMurrin come commissario per l’educazione. Entrambi furono stentorei nel sostenere che i divieti mormoni verso i neri andassero rimossi: Udall scrisse una lettera all’editore uscita sul numero estivo di Dialogue del 1967 in cui sosteneva che nessuna chiesa potesse più ignorare la dignità e i pari diritti di tutti i cittadini e che quella mormone in particolare non potesse più nascondersi dietro deboli dichiarazioni in cui diceva di sostenere la costituzione o che tutti gli uomini erano fratelli senza poi fare nulla. Aggiunge che, come una volta la chiesa aveva coraggiosamente rinunciato alla poligamia, ora poteva ritirare il divieto del sacerdozio ai neri e cessare le ipocrisie non perché fosse la cosa popolare, ma perché era quella giusta. Manda poi la lettera a McKay e agli apostoli Spencer W. Kimball e Delbert L. Stapley che, come Udall, erano entrambi dell’Arizona. Se Kimball lo chiama presuntuoso per pensare di poter dire ai dirigenti cosa fare concludendo con “non sono arrabbiato con te. Sono dispiaciuto per te”, Stapley ricorda a Udall (come aveva fatto con Romney) quello che Joseph Smith aveva insegnato e che chi si opponeva alla volontà divina sui neri rischiava la vita. Aggiunge che “gli estremisti delle religioni moderne e il pensiero sociale da te menzionati non giustificano il ripudiare le decisioni e le azioni del nostro Dio. Sai come lo so io che non tutti gli uomini sono creati eguali. Apprendiamo questo fatto anche dal Libro di Abrahamo. È vero che possiamo avere uguali diritti, opportunità e privilegi, ma ciò non vuol dire che siamo ugualmente dotati. Abbiamo dirigenti, seguaci e quelli nel mezzo. Alcuni sono ricchi, altri poveri, alcuni godono di buona salute, altri sono gravati da malanni fisici.” N. Eldon Tanner della Prima Presidenza ribadì durante una visita a Seattle quell’anno che “La Chiesa non ha nessuna intenzione di cambiare la sua dottrina sui negri” e che “Nella storia della Chiesa cristiana originaria il negro non ha mai detenuto il sacerdozio. Non c’è davvero nulla che possiamo fare per cambiarlo. È una legge di Dio”. (Seattle Magazine, dicembre 1967) 

 

McMurrin, a sinistra, durante una premiazione nel 1962


L’anno successivo McMurrin dichiarò in un incontro della NAACP (National Association for the Advancement of Colored People) a Salt Lake che “è una mancanza morale quasi incredibile che merita la più rigorosa condanna che una qualsiasi chiesa neghi la completa comunione religiosa a un individuo per motivi legati essenzialmente alla sua razza o colore.” Joseph Fielding Smith richiese la scomunica di McMurrin, che però aveva un alleato in McKay e se la cavò. Nel 1963, per evitare che la NAACP svolgesse una protesta al tabernacolo durante la Conferenza Generale di ottobre, era stato proprio McMurrin a salvare la situazione proponendo che venisse fatta una comunicazione a favore dei diritti civili durante la conferenza. McKay approvò l’idea a patto che non sembrasse una dichiarazione ufficiale e il suo consigliere Brown lesse prima del proprio intervento il testo, preparato da McMurrin stesso:

“In mesi recenti, sia a Salt Lake City che attraverso la nazione, è stato espresso un considerabile interesse in merito alla posizione della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni sui diritti civili. Vorremmo che si sapesse che in questa Chiesa non c’è nessuna dottrina, credenza o pratica che neghi il godimento di pieni diritti civili da parte di qualsiasi persona a prescindere da razza, colore o credo. 

Diciamo ancora, come abbiamo detto molte volte in precedenza, che crediamo che tutti gli uomini sono i figli dello stesso Dio e che è un male morale che qualsiasi persona o gruppo di persone neghi a qualsiasi essere umano il diritto a un impiego remunerativo, a piene opportunità educative e a ogni privilegio della cittadinanza, proprio come è un male morale negargli il diritto di adorare secondo i dettami della propria coscienza. 

Abbiamo sostenuto la costituzione degli Stati Uniti con costanza e persistenza e, per quanto ci riguarda, ciò significa sostenere i diritti costituzionali di ogni cittadino degli Stati Uniti. 

Facciamo appello a tutti gli uomini in ogni luogo, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, di impegnarsi a stabilire la piena uguaglianza civile per tutti i figli di Dio. Qualsiasi cosa meno di questo vanifica il nostro alto ideale di fratellanza degli uomini.”

Benson negli anni '50

Altre autorità generali non mancano di criticare ferocemente il movimento per i diritti civili: nella Conferenza Generale di ottobre 1967, come aveva già fatto altre volte, l’apostolo Ezra Taft Benson fa un’invettiva in cui dichiara che “Non c’è dubbio che il cosiddetto movimento per i diritti civili così come esiste oggi è usato come un programma comunista per una rivoluzione in America proprio come la riforma agraria è stata usata dai comunisti per prendere il controllo della Cina e di Cuba” (tesi che il Deseret News aveva già sostenuto il 28 aprile 1948). Benson, che era stato segretario dell’agricoltura sotto Eisenhower negli anni ’50, era legato alla John Birch Society, gruppo complottista, anticomunista e di estrema destra ed era arrivato a chiamare Eisenhower stesso una pedina comunista; perfino il direttore dell’FBI J. Edgar Hoover, che aveva sostenuto attivamente il maccartismo, lo trovava eccessivo. A causa dei temi apertamente politici dei suoi discorsi, dal 1963 al 1965 Benson era stato “esiliato” in Europa nella speranza che moderasse i toni e lì organizzò fra le altre cose la riapertura della missione italiana approfittando di appigli politici, ma i calcoli della Prima Presidenza per un suo ammorbidimento si dimostrarono sbagliati.

Hugh B. Brown era di gran lunga l’apostolo più progressista, tant’è che Benson in un suo discorso della Conferenza Generale di ottobre 1963 aveva insinuato che fosse nella Prima Presidenza allo stesso titolo di Giuda fra gli apostoli di Gesù. Brown aveva detto in pubblico più volte che la Chiesa stava per o avrebbe rimosso il divieto del sacerdozio ai neri, cosa che aveva irritato molte autorità generali. Nel 1969, con un ultimo tentativo per cercare di forzare la mano all’ormai novantaseienne profeta, Brown cercò di convincerlo a concedere il sacerdozio a un impiegato afroamericano di lungo corso della Chiesa, Monroe Fleming: questo avrebbe creato un precedente moderno, aprendo infine le porte al sacerdozio a tutti gli uomini. Il progetto di Brown andò quasi a buon fine perché aveva approfittato di un’assenza dell’inflessibile Harold B. Lee per convincere altri apostoli. Lee riuscì però a far saltare la votazione con il sostegno di altri apostoli conservatori e al suo ritorno riuscì a far rilasciare una dichiarazione della Prima Presidenza il 15 dicembre, in cui si leggeva che “crediamo che i negri, così come quelli di altre razze, debbano avere i loro privilegi costituzionali completi come membri della società e speriamo che i membri della Chiesa ovunque faranno la propria parte come cittadini per far sì che quei diritti rimangano inviolati. Ogni cittadino deve avere pari opportunità e protezione secondo la legge per quanto riguarda i diritti civili.” Il movimento per i diritti civili era culminato nel 1968, quando ormai tutta la legislazione segregazionista era stata eliminata, e fu Brown a insistere che se questa parte non fosse stata aggiunta non avrebbe firmato il documento; dato che McKay non poteva firmarlo a causa delle sue condizioni di salute, una dichiarazione firmata da un solo membro della Prima Presidenza non avrebbe avuto valore. Per la prima volta inoltre i dirigenti dicono pubblicamente che ignorano la motivazione per il divieto al sacerdozio: “Dall’inizio di questa dispensazione Joseph Smith e tutti i successivi presidenti della Chiesa hanno insegnato che i negri, seppur figli di spirito di un Padre comune e progenie dei nostri genitori terreni, Adamo ed Eva, non dovevano ancora ricevere il sacerdozio per ragioni che crediamo essere conosciute a Dio ma che non ha reso interamente note all’uomo.” Verso la conclusione si giustificano dicendo che “Se fossimo i dirigenti di un’opera creata da noi stessi e gestita solo secondo la nostra saggezza terrena, sarebbe semplice agire in accordo con la volontà popolare. Ma crediamo che quest’opera sia diretta da Dio e che il conferimento del sacerdozio debba attendere la Sua rivelazione. Fare altrimenti negherebbe le premesse stesse sulle quali la Chiesa è fondata.”

McKay muore a gennaio e il nuovo presidente, l’arciconservatore novantatreenne Joseph Fielding Smith, non mantiene Brown come consigliere nella Prima Presidenza (la prima volta che succede a un primo consigliere dalla morte di Brigham Young nel 1877) ma lo sostitusce con Lee, che aveva una linea ancora più dura in merito alla questione. Lee, giusto il 27 ottobre 1969, aveva scritto in una lettera al preside della BYU Ernest L. Wilkinson che “non acconsentirei a nessun cambiamento della politica per quanto riguarda il problema negro.”

In quel periodo anche la BYU stava subendo enormi pressioni: le primarie presidenziali del ’68 con George W. Romney avevano fatto conoscere a livello nazionale il divieto del sacerdozio e le proteste non tardarono ad arrivare. L’università generalmente scoraggiava l’iscrizione di studenti neri perché voleva evitare che si creassero coppie miste. Un giorno, quando Wilkinson venne a sapere che un professore assunto per i corsi estivi era nero, scrisse nel proprio diario il 5 maggio 1960: “Vorrei poterlo ammettere nel nostro corpo docenti, ma il pericolo nel farlo sarebbe che gli studenti e altri lo fraintendessero e presumessero che non ci sia nulla di inappropriato nell’associarsi con altre razze. Dato che il Signore stesso ha creato le varie razze e ha esortato nell’Antico Testamento e in altri posti a restare distinti e fra di sé, noi dobbiamo seguire quel monito.” Per evitare le interazioni con gli studenti, alla fine il professore venne assunto solo come consulente interno. Harold B. Lee, che avrebbe preferito che la BYU non ammettesse affatto studenti neri, ammonì Wilkinson che “Se una mia nipote dovesse mai andare alla BYU e lì si fidanzasse con un ragazzo di colore, ti riterrò responsabile.” (Diario di Wilkinson, 10 novembre 1960) Fino al 1970 solo 4 studenti neri si erano laureati alla BYU non solo perché c’erano volutamente pochissimi studenti di colore ma anche perché, come ricordò il giocatore di football della BYU Scott Brayer, “i negri che vengono alla BYU diventano così malcontenti che se ne vanno.”

McKay e Wilkinson nel 1960, Perry Special Collections

Nel 1970 la BYU avrà il suo primo atleta e il primo professore neri della sua storia, assunzioni che furono la conseguenza di enormi proteste che il programma sportivo della BYU stava vivendo. L’università era stata uno dei fondatori della Western Athletic Conference (WAC) negli anni ‘60, una lega che raggruppava le squadre di varie università in Utah, Arizona, Nuovo Messico, Wyoming, Colorado e Texas. Oltre alla campagna di Romney, il 1968 vide anche l’assassinio di Martin Luther King il 4 aprile; pochi giorni dopo alcuni sportivi della University of Texas a El Paso (UTEP) furono espulsi dalla squadra di atletica leggera, perdendo la borsa di studio, per aver boicottato un incontro sportivo con la BYU; fra questi c’era Bob Beamon, che a ottobre avrebbe vinto l’oro alle Olimpiadi stabilendo un record per il salto in lungo. Il preside della UTEP scrisse a Wilkinson il 22 aprile in merito alle accuse di razzismo rivolte all’università: “Non per suggerirle come gestire i suoi affari, ma credo che la sua istituzione sarà una spina nel fianco della conferenza fino a quando non avrà reclutato almeno un atleta negro simbolico. Finché non lo avrete fatto, ogni spiegazione che le accuse non sono vere non avranno un suono convincente.” A novembre migliaia fra studenti e atleti della San José State University boicottarono una partita di football contro la BYU, che si giocò in un Cougar Stadium blindato e quasi vuoto.

La situazione nella conferenza si fece così tesa che un articolo sul Salt Lake Tribune del 29 ottobre 1969 riportava che “Diversi direttori sportivi della Western Athletic Conference hanno messo in guardia riguardo una possibile scissione della conferenza a causa delle politiche razziali alla Brigham Young University”. Quell’anno la Stanford University annunciò che non avrebbe più programmato nuove competizioni con la BYU per via delle politiche discriminatorie della Chiesa. È per tranquillizzare la Stanford che Hugh B. Brown aveva provato invano a far ordinare al sacerdozio Monroe Fleming, dicendo al preside dell’università californiana che il divieto sarebbe stato rimosso. Intanto quattordici giocatori dei Wyoming Cowboys, poi noti come Black 14, vennero congedati dalla squadra di football della Wyoming University. L’anno precedente i Cowboys avevano vinto l’incontro contro i Cougars della BYU, ricevendo una serie di insulti razzisti dai fan mormoni; per questo motivo chiesero di poter indossare durante l’incontro del 19 ottobre una fascia nera in segno di protesta verso la BYU e il fatto che la Chiesa vietasse ai neri di detenere il sacerdozio, ma il loro allenatore non tollerò l’iniziativa e cacciò chi vi aveva preso parte.

Nel 1970 anche la University of Washington dichiarò che non avrebbe più disputato eventi sportivi con la BYU dopo la fine del loro contratto. Le costanti proteste, gli slogan, la pubblicità negativa, gli scontri e i lanci di uova nel campo da gioco influirono anche sulle prestazioni e il morale dei Cougars che, sebbene dotati delle squadre di football e pallacanestro più forti della conferenza, stavano perdendo sempre più partite. Fra le altre università coinvolte in questo periodo nelle proteste o in cui le organizzazioni studentesche richiesero di interrompere le relazioni sportive con la BYU troviamo anche California Polytechnic State University, University of Arizona, Arizona State University, University of New Mexico, Colorado State University, University of Wyoming e University of Hawaii. Un’altra fonte di imbarazzo è che l’anno seguente si sarebbe dovuto inaugurare il Marriott Center, all’epoca la più grande arena universitaria di pallacanestro; vederla vuota oppure piena di contestatari non era certo l’obiettivo dell’università. Il 1970 è anche l’anno in cui la BYU avrà infine il suo primo atleta nero, Ron Knight, e il primo docente nero, Wynetta Willis Martin, che era anche appena entrata nel Coro del tabernacolo (solo la seconda afroamericana a farlo, preceduta pochi mesi prima da Marilyn Yuille). Grazie a queste aperture le proteste cesseranno.

Nel 1971 la Chiesa organizza il gruppo Genesi, che riunisce mensilmente i mormoni afroamericani e offre loro riunioni delle organizzazioni ausiliarie e attività per mantenere attivi (e cercare di riattivare) i pochi membri afroamericani nello Utah. Un’idea analoga era stata proposta nel 1955 da Joseph F. Smith, ma era stata esclusa per evitare possibili polemiche sulla segregazione. Molti mormoni avevano ancora un atteggiamento piuttosto paternalistico verso le persone di colore, per non parlare di quelli che usavano epiteti razzisti perfino nel tempio. Il senso di rigetto ed esclusione provato da molti mormoni di colore aveva fatto sì che all’epoca ormai quasi tutti i discendenti dei pionieri neri avessero lasciato la Chiesa e i pochi membri afroamericani erano dei convertiti, molti dei quali smettevano prima o poi di partecipare ad attività e riunioni. La Chiesa è poi notoriamente rigida nel richiedere usi angloamericani a prescindere dai paesi o dalle tradizioni dei propri membri, tant’è che ancora nel 2009 Philip Jenkins, professore di storia alla Baylor University, diceva: “È una delle ultimissime chiese di origine occidentale che applica norme euro-americane così rigorosamente e che rifiuta di adeguarsi minimamente ai costumi locali.” Molti convertiti afroamericani sentivano che per essere integrati nelle congregazioni dovevano rinunciare alla loro cultura. Grazie al gruppo questi membri potevano avere delle riunioni più simili alle esperienze con le quali erano cresciuti e in cui si identificavano: dire “amen” durante i discorsi, soul food durante le attività, un coro gospel, usare espressioni dell’inglese vernacolare afroamericano senza essere giudicati ma anche una pausa da membri razzisti o che non si rendevano conto che non fosse una buona idea spiegare che sarebbero resuscitati con la pelle bianca, che erano discendenti di Caino o che cercavano di spiegare perché fossero tagliati fuori dal sacerdozio. Il gruppo cercava anche di creare ponti fra bianchi e neri e condividere le proprie culture per evitare malintesi e creare una società più inclusiva. Il primo presidente del gruppo fu Ruffin Bridgeforth, con Eugene Orr e Darius Gray come consiglieri, mentre la prima presidentessa della Società di Soccorso fu Mary Lucile Perkins Bankhead, una discendente di Green Flake.

Nel 1972 Joseph Fielding Smith muore e Harold B. Lee sale alla presidenza della Chiesa per circa un anno e mezzo. In quel breve lasso di tempo fa ripubblicare un suo libro col titolo Decisions for Successful Living, dove spiega che “Il privilegio di ottenere un corpo mortale su questa terra sembra essere tanto prezioso che a quelli nel mondo degli spiriti, anche se infedeli o non valorosi, fu senza dubbio permesso di prendere corpi mortali sebbene sotto la pena di limitazioni razziali, fisiche o nazionali.” (pp. 164-165)

Nel 1973 esce su Dialogue un articolo rivoluzionario di Lester E. Bush, nel quale sosteneva che non era stato Joseph Smith a vietare il sacerdozio ai neri dato che alla sua epoca c’erano detentori del sacerdozio di colore o con antenati che lo erano e non esistevano dichiarazioni di Smith in merito: la pratica era nata nello Utah con Brigham Young e si basava sulle credenze razziste dell’epoca in merito alla maledizione di Caino e di Cam piuttosto che su una rivelazione, anche perché i Cananei (discendenti da Canaan, il figlio di Cam che era stato maledetto con la servitù) non erano neri. La spiegazione che i neri erano stati meno valorosi nella preesistenza era stata popolarizzata da B. H. Roberts dopo la canonizzazione della Perla di Gran Prezzo nel 1880, ma era solo una speculazione. L’articolo sollevò un polverone e vivaci discussioni sia fra gli intellettuali mormoni che le autorità generali: gli esponenti della “nuova storia mormone” come Leonard Arrington, Davis Bitton e Richard Bushman si complimentarono con Bush così come l’assistente al quorum dei Dodici Marion D. Hanks; dall’altra parte gli apostoli Boyd K. Packer e Bruce R. McConkie dissero rispettivamente che non avrebbe mai dovuto essere pubblicato e che era uno schifo, mentre Mark E. Petersen provò a farlo scomunicare, come Bush ricorda un quarto di secolo più tardi. (Journal of Mormon History, vol. 25, n° 1) Proprio in quel periodo Hugh B. Brown disse al New York Times (7 giugno 1973) “siamo nel bel mezzo di un sondaggio che guarda alla possibilità di ammettere i negri” al sacerdozio.

Tutto cambia sotto Spencer W. Kimball, presidente della Chiesa dalla fine del 1973. L’Ensign di febbraio 1974 riporta alcune sue dichiarazioni e, in quella sul sacerdozio ai neri, dice: “Non sono sicuro se ci sarà un cambiamento, anche se potrebbe esserci. Siamo sotto i dettami del nostro Padre Celeste e questa non è la mia politica o la politica della Chiesa. È la politica del Signore, che l’ha stabilita, e non sono al corrente di nessun cambiamento, anche se siamo soggetti alla rivelazione del Signore nel caso volesse mai portare un cambiamento.” Su questo punto la pensa come David O. Mckay: è una politica, non una dottrina, ma deve cambiare per rivelazione. Quello stesso anno avvengono due promettenti novità quando la Chiesa permette alle persone di colore di fare i battesimi per procura al tempio e poi, a causa di una denuncia sporta dalla NAACP, anche i ragazzini neri possono diventare capipattuglia nel programma di scoutismo; prima erano solo i presidenti di quorum a essere i capipattuglia, il che escludeva automaticamente i giovani afroamericani.

Nel 1976 si presenta una nuova fonte di imbarazzo per la Chiesa quando un membro di Vancouver, Douglas A. Wallace, battezza e ordina al sacerdozio l’afroamericano Larry Lester dicendo che voleva spingere la Chiesa a uscire dalla sua immobilità. Wallace venne presto scomunicato e, quando si presentò al Tabernacolo per discutere con Kimball durante la Conferenza Generale di aprile, riceve un ordine restrittivo e viene addirittura messo sotto sorveglianza dalla polizia per conto della Chiesa. La crisi causò anche una scissione nel gruppo Genesi, dove dei membri frustrati dalla situazione provarono a far approvare una petizione da mandare a Kimball. Quando Wallace prova a presentrsi anche alla Conferenza Generale di aprile 1977 il poliziotto David Olson, che era appostato vicino alla casa in cui Wallace era ospitato da un amico, venne ferito alla spina dorsale per sbaglio dal colpo di pistola di uno degli altri cinque colleghi e rimase paralizzato. Wallace accusò la Chiesa di averlo fatto pedinare, che negò il fatto in un comunicato, ma questa sconfessione fece indignare Olson: il Salt Lake Tribune del 18 gennaio 1978 pubblicò la sua lettera all’editore in cui diceva sardonicamente che “Vorrei anche ringraziare Spencer W. Kimball per il suo comunicato stampa riguardante il coinvolgimento della polizia combinato con gli sforzi della Chiesa SUG [...] La sua smentita di queste azioni è sbagliata. Qualsiasi uomo che prende misure di questo tipo e si definisce ancora un profeta merita più di me di essere costretto su questa sedia a rotelle.”

La Prima Presidenza negli anni ’70

Una segretaria di David O. McKay, Lola Gygi Timmins, raccontò in un’intervista con Greg Prince (biografo di McKay) che una volta, dopo un’ennesima riunione con i consiglieri e gli apostoli al tempio sul tema, McKay in uno sfogo con le segretarie disse che aveva chiesto al Signore diverse volte, ma che la risposta era “Non ancora.” (David O. McKay and the Rise of Modern Mormonism, p. 103) Leonard Arrington racconta che “Harold B. Lee, poco prima della sua morte, aveva trascorso tre giorni e tre notti di digiuno nella sala alta del tempio, pregando ardentemente il Signore per essere guidato in merito a questo tema, ma l’unica risposta che aveva ricevuto era ‘Non ancora’.” (Adventures of a Church Historian, p. 180) Kimball spiegò un concetto interessante in una lettera a suo figlio Edward dell’11 marzo 1963: “Le rivelazioni non verranno probabilmente mai a meno che non siano desiderate. Penso che poche persone ricevano delle rivelazioni mentre giacciono sul divano o mentre giocano a carte o mentre si rilassano. Credo che la maggior parte delle rivelazioni giungano quando un uomo è sulle punte dei piedi mentre raggiungono il punto più alto possibile alla ricerca di ciò di cui sa di aver bisogno, e solo allora la risposta ai suoi problemi gli esplode addosso.” Mi sembra chiaro che i pregiudizi o l’interesse di McKay e Lee abbiano influenzato la loro decisione di non rimuovere il divieto, mentre Kimball sembrava sinceramente intento a porvi fine: F. Burton Howard, che sarebbe diventato Settanta pochi mesi dopo la dichiarazione del 1978, raccontò sempre a Edward L. Kimball che il padre gli aveva detto attorno al 1976 che stava pregando da 15 anni senza ricevere risposta, ma che avrebbe continuato a farlo. (BYU Studies, vol. 47, n° 2, p. 42) L’approccio di lavorare intensamente nell’ottenere il risultato desiderato evidentemente funziona: la giornata dell’8 giugno 1978 sorprende sia i mormoni che aspettavano la notizia da tutta la vita sia quelli meno entusiasti al riguardo quando la Prima Presidenza annuncia che “ogni uomo fedele e degno nella Chiesa può ricevere il santo sacerdozio, con il potere di esercitare la sua divina autorità e di godere con i suoi cari di ogni benedizione che scaturisce da esso, incluse le benedizioni del tempio”, canonizzata come Dichiarazione Ufficiale 2 in Dottrina e Alleanze. Kimball aveva meditato e pregato attivamente per mesi prima della decisione, ma aveva avuto successo nell’impresa non solo perché ormai diversi studiosi avevano smontato le varie tesi sull’origine del divieto, indebolendone non poco la solidità, ma anche perché cominciò con abilità a discutere individualmente con i vari apostoli chiedendo loro cosa pensassero della validità e delle motivazioni per vietare ai neri di avere il sacerdozio: ora che la Chiesa, secondo il piano di Kimball di “allungare il passo” col lavoro missionario, si stava espandendo in molti nuovi paesi e avevano sempre più testimonianze delle difficoltà organizzative e delle sofferenze che il divieto causava, non era il caso di fare qualcosa? 

Se il portavoce della Chiesa Don LeFevre disse che il matrimonio interrazziale era consentito e che la politica contro di esso non c’era più (Salt Lake Tribune, 14 giugno 1978), il Deseret News del 17 giugno 1978, pubblicando il testo della dichiarazione, ricordò invece che il matrimonio interrazziale era comunque scoraggiato. Il punto contro i matrimoni misti viene ribadito anche dall’apostolo LeGrand Richards qualche settimana dopo in un’intervista con Chris Vlachos e Wesley P. Walters. Quando poi i due gli chiedono che cosa avesse portato alla decisione di dare il sacerdozio anche ai neri, Richards dà il motivo principale: “potrei dirvi cosa lo ha causato in un certo senso. Giù in Brasile c’è così tanto sangue nero nella popolazione che è difficile trovare dirigenti che non abbiano sangue nero in loro. Abbiamo appena costruito un tempio laggiù, sarà dedicato a ottobre. Tutte quelle persone con sangue nero in loro hanno raccolto il denaro per costruire quel tempio e quindi, se non cambiamo, non lo possono nemmeno usare. Allora il fratello Kimball se ne è preoccupato e ha pregato molto al riguardo.” Nel 1977 la Chiesa in Brasile contava ormai nelle sue liste oltre 50.000 membri e certamente Kimball, annunciando il tempio di San Paolo nel 1975, si rendeva conto che avrebbe potuto smuovere la situazione perché il tema sarebbe stato affrontato per forza. Pochi mesi dopo la dichiarazione sul sacerdozio vennero anche mandati i primi missionari in Nigeria e Ghana.

Il primo a ricevere il sacerdozio fu Joseph Freeman, tre giorni dopo la dichiarazione (quello stesso mese sarà anche suggellato a sua moglie, che era samoana, dall’apostolo Thomas S. Monson), ma per avere delle autorità generali nere bisognerà aspettare ancora: il primo a diventare Settanta fu il brasiliano Helvécio Martins nel 1990, il primo africano fu il kenyota Joseph W. Sitati nel 2009 e il primo afroamericano fu Peter M. Johnson nel 2019. Il proselitismo non ebbe comunque un gran successo fra gli afroamericani e il sondaggio del 2014 del Pew Research Center indicava che appena l’1% dei mormoni statunitensi erano neri. Inoltre diversi problemi non si sono ancora purtroppo del tutto risolti: dal 1978 il gruppo Genesi era dormiente perché si sperava che non ce ne dovesse essere più bisogno, ma negli anni ’90 venne riattivato e Darius Gray ne divenne presidente. Gray, che in passato aveva abbandonato la BYU ed era diventato inattivo negli anni ’70 per questi problemi, ha detto in due interviste al Salt Lake Tribune che “mantenere i neri nella Chiesa SUG è ancora un problema a causa dell’atteggiamento di un piccolo numero di membri bianchi” (SLT, 6 giugno 1998) e che a partire dalla presidenza Trump, quando il suprematismo bianco si è notevolmente rinvigorito, ha sentito regolarmente altri membri afroamericani che gli dicevano frasi come “Non ce la faccio più. Non mi sento al sicuro nel mio rione.” (SLT, 9 giugno 2022)

Il decimo articolo di fede dice: Noi crediamo nel raduno letterale d’Israele e nella restaurazione delle dieci tribù, che Sion (la Nuova Gerusalemme) sarà edificata nel continente americano, che Cristo regnerà personalmente sulla terra e che la terra sarà rinnovata e riceverà la sua gloria paradisiaca.” La missione speciale di radunare le tribù perdute è affidata ai membri della tribù di Efraim con il sostegno di quelli di Manasse. Dopo l’esilio assiro le tribù si erano parzialmente disperse e gli europei, soprattutto i popoli germanici che ne avevano una componente particolarmente alta, discendevano dalla tribù di Efraim; i popoli amerindiani e polinesiani, considerati discendenti delle genti del Libro di Mormon, erano un miscuglio di Efraim e Manasse in quanto Lehi discendeva da Manasse e il suo consuocero Ismaele da Efraim. Gli ebrei erano della tribù di Giuda e gli africani discendevano da Caino o da Canaan, quindi non facevano parte della famiglia di Abramo, Isacco e Giacobbe e non erano portatori delle loro promesse. Nelle benedizioni patriarcali viene detto a quale tribù si appartiene e il motivo per cui quasi tutti i mormoni discendono da Efraim è proprio per il loro ruolo fondamentale di radunare Israele: essi sono portatori delle benedizioni di Abramo in quanto sua posterità. Joseph Smith insegnò nel 1839 che il sangue di chi non fosse un discendente letterale di Abramo subiva una trasmutazione nel momento in cui riceveva il dono dello Spirito Santo e cambiava in quello di Israele (HC 3:380).

Le benedizioni patriarcali non erano vietate ai neri ma, dato che dovrebbero dichiarare il lignaggio della persona che le riceve, i membri di origine africana erano generalmente assegnati a quello di Caino o di Canaan invece che a una delle tribù di Israele come gli altri mormoni. L’ufficio di patriarca presidente si trasmetteva all’interno della famiglia Smith e si occupava di dare le benedizioni patriarcali a coloro che vivevano fuori da un palo della Chiesa e di gestire gli altri patriarchi. Il padre di Joseph Smith, primo patriarca presidente, disse nel 1836 a Elijah Abel che era orfano per quanto riguardava il suo lignaggio ma “Sarai reso uguale ai tuoi fratelli e nell’eternità la tua anima sarà bianca e le tue vesti sfavillanti”. Hyrum Smith, che aveva ereditato la carica di patriarca presidente alla morte del padre, disse a Jane Manning James nel 1844 che aveva “una promessa tramite il padre del nuovo mondo attraverso il lignaggio di Canaan, il figlio di Cam” ma che “colui che muta i tempi e le stagioni e ha posto un marchio sulla tua fronte può rimuoverlo e imprimere su di te la sua immagine.” Queste credenze sul fatto che alla resurrezione il segno sarebbe stato rimosso e sarebbero diventati bianchi si sentono occasionalmente ancora oggi. Anche il patriarca presidente John Smith disse a Walker Lewis nel 1851 che apparteneva al lignaggio di Canaan ma, a partire dalla presidenza di Heber J. Grant (1918-1945), diversi patriarchi cominciarono a dire alle autorità generali di essere a disagio nel dire a un membro afroamericano che era un discendente di Cam o Caino: alcuni cominciarono a non dare più benedizioni se una persona aveva antenati neri per evitare di dare la spiacevole notizia oppure a non dichiararne il lignaggio, per gran delusione del ricevente. 

Nel 1947 Eldred G. Smith divenne patriarca presidente e sostenne la linea per cui ai neri non dovesse essere dichiarato il lignaggio per non turbarli inutilmente e che, dato che non potevano ricevere le benedizioni di Abramo (sacerdozio, tempio e autorità) in quanto non suoi discendenti, la benedizione doveva essere più paterna che patriarcale, ossia più simile a una normale benedizione data da un padre ai figli. Quando il 6 aprile 1973 gli apostoli organizzarono una formazione per i patriarchi, Smith sostenne le proprie motivazioni mentre gli apostoli insistevano che il lignaggio andasse dato e che magari le benedizioni potevano essere concesse in linea indiretta tramite i discendenti di Abramo o di Israele invece di non ricevere nulla. Negli anni successivi le tensioni con Eldred G. Smith aumentarono a tal punto che, dopo l’apertura del sacerdozio ai neri, Kimball decise di pensionarlo e di eliminare il ruolo di patriarca presidente nel 1979. Contrariamente alla volontà di Smith, ora i membri di origine africana potevano essere adottati in una delle tribù di Israele e riceverne le benedizioni; nonostante questo, capita ancora oggi che alcuni patriarchi dichiarino il lignaggio di Caino o Cam o non ne assegnino alcuno.

Hinckley da Mike Wallace

La storia avrebbe potuto finire qui, ma il fatto che la dichiarazione del 1978 non rinnegasse gli insegnamenti in merito ai motivi per cui ai neri era stato vietato il sacerdozio fece sì che questi siano sopravvissuti fino ad oggi. In un devozionale alla BYU del 18 agosto 1978 McConkie si limitò a dire: “Dimenticatevi tutto ciò che ho detto o ciò che hanno detto il presidente Brigham Young, il presidente George Q. Cannon o chiunque abbia detto in passato ciò che è contrario all’attuale rivelazione. Abbiamo parlato con una conoscenza limitata e senza la luce e la conoscenza che ora sono giunte nel mondo.” McConkie non si scusò con i membri per aver insegnato le filosofie degli uomini mescolate con le scritture o per aver venduto loro un libro con l’altisonante quanto autorevole titolo di Mormon Doctrine in cui le sue false dottrine influenzarono generazioni di mormoni. Quando McConkie dice di dimenticare “ciò che è contrario all’attuale rivelazione”, il punto è che la Dichiarazione Ufficiale 2 non è contraria agli insegnamenti di Brigham Young, ma si limita a concedere il sacerdozio ai neri e basta: dov’è che la dichiarazione rinnega che i neri discendano da Caino o che non erano stati valorosi nella vita preterrena o che erano stati maledetti con la schiavitù? Lui stesso nel medesimo discorso ripete la solita tesi per cui “Non possiamo immaginare l’intera motivazione e lo scopo dietro tutto ciò; possiamo solo supporre e ragionare che sia in base alla nostra fede e devozione premortali.” Per chi credeva che la maledizione di Caino o la mancanza di valore nella vita preterrena fossero state all’origine del divieto temporaneo, queste parole davano l’autorizzazione per continuare a pensarlo pur accettando che la nuova politica sul sacerdozio fosse altrettanto ispirata e giusta. Il 7 aprile 1996 Mike Wallace intervistò Gordon B. Hinckley per 60 Minutes e, all’osservazione di Wallace che “La politica della Chiesa era che i neri avevano il marchio di Caino. Brigham Young disse: ‘Caino uccise suo fratello e il Signore pose un marchio su di lui, che sono il naso camuso e la pelle nera’”, Hinckley minimizzò: “È alle nostre spalle. Guardi, è alle nostre spalle. Non si preoccupi di quei piccoli attimi di storia.” In un’intervista mandata in onda dal programma australiano Compass il 9 novembre 1997, David Ransom gli chiese sulla questione: “Quindi, in retrospettiva, la Chiesa aveva torto in questo?” Hinckley disse: “No, non credo che avesse torto. Cose, varie cose, sono accadute in vari momenti. C’è una ragione per esse.” Quando Ransom lo incalzò con “Qual era la ragione per questo?”, la risposta fu solo “Non so quale fosse la ragione. Ma so che abbiamo corretto qualsiasi cosa potesse sembrare sbagliata all’epoca.” 

Le dichiarazioni di McConkie e Hinckley sul lasciar semplicemente perdere la questione e che era acqua passata non fecero granché per dissipare le idee che ormai da tempo si erano consolidate nelle credenze di molti membri: non venne mai chiarito chi e perché avesse posto il divieto, sebbene i dirigenti avessero a lungo insegnato che era la volontà di Dio. Quando i dirigenti dicono che “il giorno lungamente promesso” da Brigham Young era arrivato, egli intendeva che i neri avrebbero avuto il sacerdozio solo quando ogni discendente di Abele lo avesse avuto, quindi sembra seguire tacitamente la sua logica sulla maledizione di Caino. E poi che bisogno c’era di ottenere una rivelazione per toglierlo se il divieto non era di origine divina? Era stato un errore o la sua origine aveva qualche motivo più alto, giusto o imperscrutabile? Era una dottrina, come avevano dichiarato tante autorità generali o era solo una politica come sostenevano altre? Gli africani discendono davvero da Caino? I matrimoni interrazziali sono ancora scoraggiati? Se non lo sono più, da quando? La Chiesa decise di infilare la questione sotto il tappeto e fare finta di niente, ma i membri continuavano a farsi domande, a speculare e a ripetere le vecchie tesi sia in pubblico che in privato. La questione venne talmente edulcorata che in un articolo nell’Ensign di settembre 2000 il Settanta Alexander B. Morrison arrivò a dire molto fantasiosamente: “Quanto sono grato che la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni si sia schierata fin dal suo inizio contro il razzismo in tutte le sue forme maligne” proprio l’anno in cui lo Utah divenne l’ultimo dei cinquanta stati USA ad adottare il Martin Luther King Day (peraltro nel 1986 Evan Mecham, governatore mormone dell’Arizona, aveva eliminato la festività nello stato perché diceva che King era una pedina comunista).

Questa confusione porta a una situazione particolarmente imbarazzante quando il biennio 2011-2012 mette la Chiesa sotto i riflettori. I mormoni Jon Huntsman e Mitt Romney partecipano alle primarie del partito repubblicano per le presidenziali del 2012, primarie vinte proprio dal figlio di George W. Romney; allo stesso tempo si ha una notevole concentrazione di articoli e spettacoli sul mormonismo: nel 2011 era uscita l’ultima stagione di Big Love (serie ambientata in una comunità fittizia di mormoni fondamentalisti), il musical The Book of Mormon debutta fra le acclamazioni a Broadway e i cinema danno gli ultimi due film di Twilight, basati sui libri della scrittrice mormone Stephenie Meyer. La Chiesa dà inizio alla campagna milionaria I’m a Mormon per approfittare di questa congiunzione unica e cercare di dipingere i suoi membri come gente normale: il periodo è teso perché il mormonismo non è visto particolarmente bene negli Stati Uniti e Romney rischia di perdere il voto di molti evangelici per via della loro avversione alla sua religione. Questi anni sono noti giornalisticamente come “momento mormone”, ma i commenti del popolarissimo professore di religione della BYU Randy L. Bott rischiano di mandare a monte tutti gli sforzi delle relazioni pubbliche della Chiesa. Il giornalista del Washington Post Jason Horowitz lo intervista per un approfondimento sulla religione di Romney e il 28 febbraio 2012 pubblica un articolo in cui gli statunitensi si ritrovano a leggere: “’Dio è sempre stato discriminatorio’ in merito a chi concedere l’autorità del sacerdozio dice Bott, il teologo della BYU. Cita scritture mormoni che dicono che il Signore dà alle persone ‘Tutto ciò che egli ritiene giusto’. Bott paragona i neri a un bambino piccolo che chiede prematuramente le chiavi della macchina del padre e spiega che, analogamente fino al 1978, il Signore decise che i neri non erano ancora pronti per il sacerdozio.

‘Cos’è la discriminazione?’ chiede Bott. ‘Credo che sia il trattenere qualcosa a qualcuno che potrebbe beneficiarne, giusto? E se potesse non essere un beneficio per loro?’ Bott dice che il divieto del sacerdozio ai neri sulla terra -ma non nell’aldilà- li protesse dai gradini più bassi dell’inferno, riservati alle persone che abusano dei loro poteri del sacerdozio. ‘Non potevi cadere dalla cima della scala perché non eri in cima alla scala, quindi in realtà il fatto che i neri non avessero il sacerdozio era la più grande benedizione che Dio potesse dar loro.’”

Il giorno dopo la Chiesa rilasciò un comunicato in cui cercava di salvare la situazione dicendo: “A un certo punto la Chiesa ha smesso di ordinare i membri maschi di discendenza africana, anche se ci furono alcune eccezioni. Non si sa precisamente chi, come o quando questa restrizione iniziò nella Chiesa, ma è terminata” nonostante fosse stato da decenni evidenziato da molti ricercatori che era stato Brigham Young a metà Ottocento a farlo e che Young stesso avesse abbondantemente spiegato le sue motivazioni all’inizio del 1852. Poi viene aggiunto che “La Chiesa condanna esplicitamente il razzismo, incluso ogni e qualsiasi passato razzismo da parte di individui sia dentro che fuori dalla Chiesa.” Il fatto che fosse l’istituzione stessa a promuovere la discriminazione e che fossero i dirigenti dai pulpiti a giustificare la situazione non è menzionato e sembra che la Chiesa stia condannando genericamente qualche individuo che agiva per conto proprio.

Nel 2013 sul sito della Chiesa venne pubblicato uno dei saggi degli Argomenti Evangelici sul soggetto. Il saggio, sebbene anonimo, dovrebbe rappresentare la posizione attuale della Chiesa ed è di portata storica: “Oggi la Chiesa si dissocia dalle teorie avanzate nel passato che asseriscono che la pelle nera è un segno di disapprovazione o maledizione divina o che riflette le azioni compiute in una vita pre-terrena; che i matrimoni interrazziali sono un peccato; o che i neri o le persone di qualsiasi altra razza o etnia sono in qualche modo inferiori a chiunque altro. I dirigenti della Chiesa oggi condannano in maniera assoluta tutte le forme di razzismo, passate e presenti.” L’unica fonte indicata per quest’ultima frase (nota 23) è un discorso della Conferenza Generale di aprile 2006 dell’allora presidente Gordon B. Hinckley. Quando però fu chiamato come apostolo da David O. McKay nel 1961 non erano certo queste le frasi che si sentivano dal pulpito e Hinckley rimase a lungo silente sul tema. Sono belle parole e condannare il razzismo nel 2013 è facile, ma quando erano messi in discussione i diritti dei cittadini afroamericani la Chiesa e i dirigenti rimproveravano, criticavano o ammonivano i membri che si schieravano apertamente a favore di essi; non mi risulta nemmeno che abbiano mai criticato l’apartheid in Sudafrica sebbene nel 1991, anno in cui venne abolita, rivendicassero 20.000 membri e un tempio nel paese. Inoltre faccio notare il linguaggio: furono le autorità generali e le pubblicazioni ecclesiastiche a portare avanti quegli argomenti come dottrine, mentre leggendolo sembra quasi che la responsabilità sia di qualche membro non meglio specificato; una dichiarazione più sincera sarebbe stata “la Chiesa si dissocia dalle teorie che ha avanzato nel passato” invece di quell’impersonale “teorie avanzate nel passato”. Non ho poi mai sentito in chiesa che i matrimoni interrazziali fossero permessi anzi, proprio in quel periodo usavamo nelle lezioni dei giovani uomini il Manuale 3 del sacerdozio di Aaronne, che alla lezione 31 su “La scelta di una compagna eterna” (p. 128) riportava la seguente citazione di Kimball: “Si raccomanda che generalmente la gente sposi persone appartenenti alla stessa razza e, anche se ciò non è assolutamente necessario, appartenenti allo stesso strato economico, sociale e intellettuale e, soprattutto, senza alcun dubbio, con persone appartenenti allo stesso ambiente e religione”. Conosco personalmente dei membri che rigettano i saggi con la scusa che sono anonimi e che sarebbero stati scritti da storici revisionisti, quindi secondo me andrebbe fatto qualcosa di più coraggioso e chiaro dalla bocca della Prima Presidenza e dagli apostoli. Non aiuta neanche che i saggi siano usciti in sordina invece di essere stati pubblicati sulla Liahona, in un manuale o menzionati durante la Conferenza Generale.

Trovo anche deludente che dopo tanto tempo la Chiesa non si sia ancora scusata per tutto ciò che ha detto e fatto passare ai suoi membri in termini di trattamento e vergogna. Il caso forse più eclatante di qualcuno che ha mostrato queste incongruenze è Wilbur Colom della NAACP. Un articolo del Salt Lake Tribune dell’8 giugno 2020 dice che Colom non aveva visto molto progresso sui progetti congiunti che la Chiesa aveva annunciato qualche anno prima e che sperava che i fatti potessero corrispondere alle loro dolci parole, anche se gli sembrava che non ci fosse “nessuna volontà da parte della Chiesa di fare alcunché di materiale”. Per fortuna sono passati gli anni in cui si sentivano barzellette razziste in Conferenza Generale (si vedano per esempio l’apostolo Heber J. Grant nell’ottobre 1900, l’apostolo Reed Smoot nell’ottobre 1907 o Marvin O. Ashton, del vescovato presidente, nell’aprile 1946) e in periodici della Chiesa (come l’Improvement Era di ottobre 1907 o il Millennial Star di marzo 1941), anche se non mancavano nella vita di tutti i giorni. Ancora il 6 febbraio 2022 si poteva però sentire Bradley R. Wilcox, della presidenza generale dei Giovani Uomini, fare battute di pessimo gusto in un caminetto ad Alpine come “Magari invece di chiedere perché i neri dovettero aspettare fino al 1978 per avere il sacerdozio, dovremmo chiederci perché i bianchi e le altre razze dovettero aspettare fino al 1829. Aspettarono milleottocentoventinove anni.” Questi purtroppo non sono casi rari: la Chiesa pubblicamente dice da decenni di non essere discriminatoria e di condannare il razzismo, ma fra le mura delle cappelle, della BYU e in discussioni fra membri si sentono ancora troppo spesso discorsi come quelli di Bott e Wilcox (che hanno solo avuto la sfortuna di essere registrati mentre parlavano). 

 

Bibliografia:

Saints, Slaves and Blacks: The Changing Place of Black People Within Mormonism, Newell G. Bringhurst

Neither White nor Black, a cura di Lester E. Bush e Armand Mauss

Black and Mormon, a cura di Newell G. Bringhurst e Darron T. Smith

In the Lord’s Due Time, Joseph Freeman

Nobody Knows: The Untold Story of Black Mormons, regia di Margaret B. Young e Darius A. Gray

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