La magia popolare e l'origine del Libro di Mormon

I “money diggers”

In History of the Church Joseph Smith menziona di essere stato un cercatore di tesori solo un paio di volte e sembra quasi vergognarsene a posteriori per il modo in cui taglia corto la discussione e cerca di disassociarsene.

“Nell’anno 1823 la famiglia di mio padre subì un grande dolore per la morte di mio fratello maggiore Alvin. Nel mese di ottobre del 1825 fui assunto da un anziano signore di nome Josiah Stoal, che viveva nella Contea di Chenango, Stato di New York. Egli aveva sentito dire di una miniera d’argento che era stata aperta dagli Spagnoli ad Harmony, Contea di Susquehanna, Stato della Pennsylvania, e prima di assumermi presso di lui aveva scavato, allo scopo di scoprire, se possibile, la miniera. Dopo che andai ad abitare con lui egli mi prese, col resto dei suoi operai, per scavare alla ricerca della miniera d’argento, cosa alla quale continuai a lavorare per circa un mese, senza successo per la nostra impresa, e alla fine persuasi l’anziano signore a cessare di scavare per cercarla. Di qui è nata la diceria assai diffusa che io sia stato un cercatore di tesori [money-digger nell’originale]. Durante il tempo in cui fui impiegato in questo modo, fui messo a pensione presso un certo Signor Isaac Hale, di quel luogo; fu là che vidi per la prima volta mia moglie (sua figlia) Emma Hale. Il 18 gennaio 1827 ci sposammo, mentre ero ancora impiegato al servizio del Signor Stoal.” (Joseph Smith – Storia 1:56-57)

In un monologo che prende la forma di un botta e risposta aggiunge laconicamente: Non era Joseph Smith un cercatore di tesori [money-digger nell’originale]?” Sì, ma non fu mai un lavoro molto profittevole per lui, visto che con esso ricavò solo quattordici dollari al mese. (History of the Church, vol. III, p. 29)

Letti senza contesto, a un Italiano sembra di capire che Joseph fosse stato semplicemente pagato da un uomo che cercava tesori per dargli una mano a dissotterrarli; ma i cosiddetti money diggers o treasure seekers erano una cosa ben diversa nella cultura statunitense dell’epoca e vedremo che la versione di Joseph Smith nasconde molti punti controversi. Negli Stati Uniti era infatti diffusa la credenza popolare che Spagnoli, pirati o gli antichi abitanti dei luoghi avessero nascosto i loro sterminati tesori nelle campagne e nelle colline che costellavano il Nordamerica. Alcune persone sostenevano di poterli ritrovare attraverso bastoni da rabdomante, chiamati di solito mineral rods, o pietre magiche, chiamate seer stones o peep stones; questi individui venivano chiamati per questo dowsers, rodsmen, peepers o glass lookers. Oltre a questi strumenti ricorrevano a un miscuglio di magia, talismani, astrologia e cristianesimo; si usavano sacrifici animali, cerchi magici, incantesimi e preghiere per evocare spiriti che potessero aiutare oppure per respingere gli spiriti a guardia del tesoro, anche se regolarmente lo spirito guardiano riusciva ad allontanare le ricchezze facendole sprofondare ulteriormente nel terreno, fuori dalla portata dei cercatori di tesori, se questi emettevano suoni o se i riti magici non sortivano alcun effetto. Queste guide erano pagate per usufruire dei loro talenti, ma la loro attività era illegale come vedremo più in là. La loro professione era disprezzata dalle persone di cultura illuminista, che sospettavano giustamente dei loro motivi: in fondo, se potevano davvero vedere il luogo e il modo per trovare grandi tesori, che bisogno avevano di farsi pagare da altri invece di scavare loro stessi e impadronirsi di quelle ricchezze?

John Quidor, The Money Diggers, 1832
 

Nel 1729 Benjamin Franklin e Joseph Breintnall scrivono all’American Weekly Mercury le 32 “Busy-Body Letters” (dallo pseudonimo con cui le firmavano) e nell’ottava parlano di questa attività:

“C’è fra di noi un gran numero di onesti artigiani e uomini industriosi che, alimentati da una vana speranza di diventare ricchi in un batter d’occhio, trascurano i loro affari fino quasi a rovinare loro stessi e le famiglie e sopportano volontariamente grandi fatiche nell’infruttuosa ricerca di immaginari tesori nascosti. Vagano di giorno fra boschi e campagne per scoprire i marchi e i segni: a mezzanotte si danno alla speranzosa attività con pale e picconi; pieni di aspettative, lavorano con veemenza tremando allo stesso tempo in ogni articolazione per paura di certi demoni maliziosi che si dice infestino e sorveglino tali posti. Alla fine viene scavato un enorme buco e si buttano fuori magari anche diverse carrettate; ma ahimè, non si trova nessun barile o contenitore di ferro; nessun baule da marinaio zeppo di dobloni spagnoli o pesanti pezzi da otto! Allora giungono alla conclusione che con qualche errore nella procedura, qualche incauta parola pronunciata o, trascurata qualche regola dell’arte, lo spirito guardiano abbia avuto il potere di affondarlo più profondamente nella terra e metterlo fuori dalla loro portata. Eppure, quando un uomo è stregato in questo modo, è così lungi dall’essere scoraggiato da insuccessi che è invece portato a raddoppiare i suoi sforzi e proverà ancora e ancora in cento diversi posti, nella speranza di avere infine un qualche colpo di fortuna che possa immediatamente ricompensarlo a sufficienza per tutte le sue spese in tempo e lavoro.”

Gerard T. Hurley, nel suo saggio Buried Treasure Tales in America (Western Folklore, luglio 1951, p. 203), descrive così la versione più esperta di questi uomini:

“Il cercatore di tesori professionista sa molte cose. Realizza, per esempio, che un sonnambulo può condurre a un tesoro, che i tesori sprofondano nella terra quando qualcosa non va, che i tesori sfuggenti [slippery nell’originale] possono essere legati con un filo bianco di seta e salvati, e che vari momenti del giorno e del mese sono di miglior auspicio di altri per la ricerca. Capisce il complicato scopo di bastoni da rabdomante [divining rods nell’originale] e di altri rituali per la localizzazione di siti di tesori. Sa che il modo più sicuro per perdere un tesoro è di parlare mentre si scava e vi può dire che lo scopo di molti spiriti della terra e spettri è di spaventarvi tanto da farvi violare la regola del silenzio. Sa anche che parlare è permesso in un solo caso -quando uno legge dalla Bibbia, l’innario o il sesto e settimo libro di Mosè, un opuscolo di superstizione, magia nera e altri fini. Che il dio e il rito cristiano siano usati per recuperare il tesoro appare logico per via del fatto che l’origine di molti tesori implica spargimento di sangue e crimini, come è spiegato da un pescatore del South Carolina: “Tesoro sepolto da sprezzante, rancoroso e avido assassinio, furto e omicidio.” Una ricchezza di tale origine può essere ben vista come beni del diavolo. Gli spiriti guardiani del tesoro erano anche loro certamente creature maligne. L’area sotto il suolo -dove era solitamente situato il tesoro- è da tempo considerata il dominio del diavolo. Non è perciò sorprendente che le forze del bene venissero invocate in soccorso nel recupero delle ricchezze sepolte. Alcuni cercatori di tesori per la verità ricorrono all’aiuto del diavolo per localizzare tesori. In un caso, quando un pio cristiano aveva provato a scavare per un tesoro trovato con l’aiuto del diavolo, emersero dalla buca demoni e uccelli dai grandi occhi per schernire tutti i bravi uomini. Nella maggior parte dei racconti, tuttavia, l’evocazione è fatta nel nome del dio cristiano e le precauzioni che si prendono possono essere collegate senza gran difficoltà a riti e credenze cristiani. Oltre a leggere le scritture e l’innario e usare un libro attribuito a Mosè, il più grande di tutti gli evocatori, colui che sorveglia lo spirito osserva altre pratiche. Non andrà a caccia di tesori con nessuno che abbia versato sangue. Può contenersi sessualmente per quattro giorni prima di partire alla ricerca. Ripulisce le tasche dal tabacco.”

Lo storico mormone Ronald W. Walker spiega che “i money diggers si affidavano a evocazioni, spiriti elementali, sogni ripetuti tre volte, doni di veggenza e tesori incantati che potevano scivolare e rombare nella terra facilmente come un pesce che si muove nelle profondità.” e per trovare i tesori “anche solstizi, equinozi e giorni speciali come il martedì grasso, il venerdì santo e la notte di san Giovanni Battista svolgevano un ruolo […] Se trovare il momento giusto per scavare era importante, il bisogno di eludere il guardiano del tesoro era fondamentale. Come i suoi antecedenti nel Vecchio Mondo, il guardiano del tesoro americano poteva essere demoniaco o divino. O poteva essere un gatto, un cane, un serpente o qualche altro animale protettivo. Generalmente però il guardiano del tesoro americano era un giovane o un uomo assassinato il cui corpo era stato lasciano con i beni sepolti per assicurarne la protezione. Guardiani indiani erano un tema frequente”. (The Persisting Idea of American Treasure Hunting, Brigham Young University Studies, autunno 1984)

Queste stesse credenze di tesori che vengono sepolti e poi scivolano via quando si cerca di recuperarli appaiono anche nel Libro di Mormon, dicendoci qualcosa sulla cultura del suo autore:

“Ed ecco, una maledizione colpirà il paese, dice il Signore degli Eserciti, per colpa del popolo che vi vive, sì, a causa della loro malvagità e delle loro abominazioni. E avverrà, dice il Signore degli Eserciti, sì, il nostro grande e vero Dio, che chiunque nasconderà dei tesori nella terra non li ritroverà più, a causa della grande maledizione del paese, salvo che sia un uomo giusto e lo nasconda per il Signore. Poiché io voglio, dice il Signore, ch’essi nascondano i loro tesori per me; e maledetti sian quelli che non nascondono i loro tesori per me; poiché nessuno nasconde il suo tesoro per me salvo i giusti, e colui che non nasconde il suo tesoro per me è maledetto, e anche il tesoro, e nessuno potrà recuperarlo, a causa della maledizione del paese. […] Oh, se mi fossi pentito e non avessi ucciso i profeti e non li avessi lapidati e scacciati. Sì, in quel giorno direte: Oh, se ci fossimo ricordati del Signore nostro Dio nel giorno in cui ci dette le nostre ricchezze, allora non sarebbero divenute fugaci e non le avremmo perdute; poiché, ecco, le nostre ricchezze se ne sono andate. Ecco, lasciamo qui un attrezzo e l’indomani è sparito; ed ecco, le nostre spade ci sono tolte il giorno in cui le cerchiamo per combattere. Sì, abbiamo nascosto i nostri tesori e ci sono scivolati via a causa della maledizione sul paese. Oh, se ci fossimo pentiti nel giorno in cui ci giunse la parola del Signore; poiché ecco, il paese è maledetto ed ogni cosa è divenuta viscida [slippery nell’originale] e non possiamo trattenerla.” (Helaman 13:17-19, 33-36, profezia di Samuele il Lamanita)

“E quei ladroni di Gadianton che erano fra i Lamaniti infestavano il paese, tanto che i suoi abitanti cominciarono a nascondere i loro tesori sotto terra; ed essi diventarono imprendibili perché il Signore aveva maledetto il paese, cosicché non poterono più custodirli, né ricuperarli. E avvenne che c’erano sortilegi, e stregonerie e magie; e il potere del maligno veniva esercitato su tutta la faccia del paese, fino all’adempimento di tutte le parole di Abinadi ed anche di Samuele il Lamanita.” (Mormon 1:18-19)

Inoltre Joseph Smith racconta che la notte del 21 settembre 1823, proprio lequinozio autunnale, Moroni gli apparve tre volte per rivelargli lesistenza del Libro di Mormon sepolto nella vicina collina di Cumora. (Joseph Smith - Storia 30-47)

Anche gli Smith credevano a queste superstizioni e le praticavano assiduamente, tanto che la matriarca Lucy Mack Smith scrive nella biografia del figlio, per prevenire le accuse di indolenza rivolte spesso ai cercatori di tesori: “Ora cambierò il soggetto per il momento. Ma il mio lettore non immagini, dato che seguirò un altro tema per un po’, che cessammo il nostro lavoro e andammo a provare a ottenere la facoltà di abrac, tracciare cerchi magici o divinare a scapito di ogni attività. Non abbiamo mai permesso durante le nostre vite che un interesse importante inghiottisse ogni altra obbligazione. Ma, mentre lavoravamo con le nostre mani, ci sforzammo di ricordare la cura e il benessere delle nostre anime.” (Lucy Mack Smith, History, 1844-1845, libro 3, p. 10)

Abner Cole, che pubblicava il suo quotidiano a Palmyra e aveva sposato Fanny Lawrence (suo fratello Samuel sarà menzionato a breve), fa diversi riferimenti agli Smith e nel numero del Reflector del 1° febbraio 1831 dice, parlando dei cercatori di tesori della zona:

“Non è inopportuno a questo punto menzionare che la mania di cercar tesori iniziò a diffondersi rapidamente in molte parti di questo paese; uomini e donne senza distinzione di età o sesso divennero meravigliosamente dotti nelle scienze occulte, molti sognavano e altri ebbero visioni che rivelavano loro tesori ricchi e luccicanti nelle profondità della terra e, per facilitare queste vaste operazioni minerarie (il denaro si cercava di solito, se non sempre, nelle tenebre della notte), furono inventate varie tecniche e strumenti e, sebbene lo spirito fosse sempre in grado di trattenere il suo prezioso carico, questi esseri sconvolti e illusi tornavano al lavoro la notte successiva senza dubitare lontanamente che il successo avrebbe infine seguito le loro fatiche.

Bastoni da rabdomante [mineral rods nell’originale] e sfere (com’erano chiamati dagli impostori che ne facevano uso) erano considerati guide infallibili per la fonte delle ricchezze. Pietre divinatorie [peep stones nell’originale] o ciottoli, presi indistintamente da un torrente o un campo, venivano messi in un cappello o un altro posto separato dalla luce; maghi o streghe (poiché queste esibizioni non erano limitate a un solo sesso) vi aderivano gli occhi e, quasi scuotendo via i loro bulbi oculari dalle orbite, dichiaravano di vedere tutte le meraviglie della natura inclusi ovviamente grandi depositi di argento e oro.”

Rabdomanzia nel De re metallica, definita inutile

L’umorista Seba Smith, nel suo racconto del 1840 The Money Diggers: A Down East Story, spiega il funzionamento di queste mineral rods:

“Ma che cos’è un bastone da rabdomante?” disse Bill. “Ma come, non lo sai? È un ramo verde biforcuto di amamelide, tagliato lungo un piede e mezzo o due piedi. E coloro che hanno il potere di adoperarlo impugnano le estremità del ramo in ciascuna mano e tengono l’altra estremità dove i rami si uniscono puntata verso il cielo. E quando sono vicini a dove ci sono minerali, oro o argento sepolti nel suolo, il bastone si piega in quella direzione; e quando arrivano sul punto esatto, il bastone si piegherà all’ingiù puntando verso il suolo.”

Il Wayne Sentinel di Palmyra ripubblica il 27 dicembre 1825 una lettera uscita sull’Orleans Advocate in cui si descrive come era usata una pietra divinatoria e come i cercatori speravano di recuperare dei lingotti: “Pochi giorni fa si è scoperta in questa città con l’aiuto di una pietra divinatoria [mineral stone nell’originale] (che diventa trasparente quando messa in un cappello e la luce tolta dalla faccia di colui che ci guarda dentro, a patto che sia favorito dalla fortuna), un mostruoso calderone per potassa nelle viscere della vecchia madre terra, pieno dei più puri lingotti. Si sono fatti alcuni tentativi di dissotterrarla, senza successo. Sua maestà satanica, o qualche altro agente invisibile, sembra tenerlo in proprio pugno; poiché non appena si è scavato in un posto, si scosta come una “speranza falsa e illusoria” in un altro più lontano. Ma i suoi inseguitori ora sono ottimisti di successo -hanno scavato una trincea tutto attorno al calderone e conficcato un’asta d’acciaio nel suolo direttamente sopra di esso per spezzare l’incantesimo. Ora non resta altro che sollevare il suo poderoso peso e stabilire una zecca perché lo si possa coniare in moneta federale.”

Il 20 marzo 1826 Joseph finirà nei guai quando dei parenti di Josiah Stoal (scritto anche Stowel e Stowell in altri documenti) lo denunciano per essere “una persona molesta e un impostore”. Già nel 1783 una legge di New York aveva definito persone moleste tutti coloro che sostengono di avere abilità in fisiognomia, chiromanzia o simili scienze capziose o che sostengono di poter predire il futuro o scoprire dove possono essere nascosti beni perduti.” (Laws of the State of New-York, vol. I, p. 123)

Gli appunti del giudice Albert Neely (Fraser’s Magazine, febbraio 1873, vol. VII, p. 229-230) contengono una dichiarazione interessante di Joseph Smith (definito glass looker nella nota spese del processo) su una sua certa pietra data durante il processo:

“Il prigioniero è interrogato: dice che viene dalla cittadina di Palmyra e che era stato in casa di Josiah Stowel a Bainbridge per la maggior parte di quel tempo; era stato impiegato per poco tempo nella ricerca di miniere ma era stato impiegato da detto Stowel per lo più alla sua fattoria e ad andare a scuola. Che aveva una certa pietra che aveva scrutato occasionalmente per determinare dove ci fossero dei tesori nascosti nelle viscere della terra; che afferma di dire in tal modo dove ci fossero delle miniere d’oro a una certa profondità sottoterra e che aveva scrutato diverse volte per il signor Stowel e lo aveva informato su dove avrebbe potuto trovare questi tesori e che il signor Stowel era stato occupato a scavare per trovarli. Che a Palmyra rivendicava di poter dire guardando la sua pietra dove fossero sepolte in Pennsylvania monete coniate e che, mentre era a Palmyra, aveva stabilito frequentemente in quel modo dove fossero situati beni perduti di vario genere; che per tre anni aveva avuto occasionalmente l’abitudine di guardare attraverso questa pietra per trovare beni perduti, ma che ultimamente aveva praticamente lasciato perdere in quanto danneggiava la sua salute, specialmente i suoi occhi, facendoglieli dolere; che non sollecitava affari di questo tipo e che aveva invece sempre rifiutato di avere qualcosa a che fare con queste attività.”

Abbiamo anche la testimonianza di un collega:

“Jonathan Thompson dice che al prigioniero fu richiesto di cercare un baule di soldi; guardò e sostenne di sapere dove fosse e che il prigioniero, Thompson e dei lavoratori andarono alla sua ricerca; che Smith arrivò sul luogo per primo; era notte; che Smith guardò nel cappello mentre era lì e, quando fu molto buio, disse com’era disposto il forziere. Dopo aver scavato per diversi piedi colpirono qualcosa che fece un rumore simile a una tavola o a un’asse. Il prigioniero non guardò di nuovo, sostenendo che era preoccupato in merito alle circostanze in cui era stato sepolto il baule e di cui si era appena ricordato. Che l’ultima volta che aveva guardato aveva visto distintamente i due Indiani che avevano sepolto lo scrigno, che fra i due era seguito un litigio e che uno di questi Indiani era stato ucciso dall’altro e gettato nella fossa di fianco al forziere per fargli, immaginava, la guardia. Thompson dice che crede nelle abilità professate dal prigioniero; che l’asse che aveva colpito con la sua pala era probabilmente il forziere ma che a causa di un incantesimo il cofano continuava ad allontanarsi da sotto di loro mentre scavavano; che ciononostante persistettero continuamente a rimuovere terreno mentre tuttavia il forziere si manteneva pressappoco equidistante da loro.”

Martin Harris conferma questi eventi in un’intervista del 1859 allo spiritualista Joel Tiffany: “In quel vicinato c’era una compagnia che scavava per trovare denaro che era stato nascosto presumibilmente dagli antichi. In questa compagnia c’erano l’anziano signor Stowel -credo che il suo nome fosse Josiah- e anche l’anziano signor Beman, poi Samuel Lawrence, George Proper, Joseph Smith figlio, suo padre e suo fratello Hiram [Hyrum]. Scavavano alla ricerca di denaro a Palmyra, Manchester e anche in Pennsylvania e altri luoghi. Quando Joseph trovò questa pietra, c’era una compagnia che scavava a Harmony, in Pennsylvania, e avevano ingaggiato Joseph per guardare nella pietra per loro; e così fece per un po’, ma poi disse loro che l’incantesimo era così forte che non poteva vedere e rinunciarono.” Harris spiega anche nel paragrafo precedente, in cui parla delle tavole d’oro, che “queste tavole vennero trovate nel punto settentrionale di una collina due miglia a nord del villaggio di Manchester. Joseph aveva una pietra che era stata estratta dal pozzo di Mason Chase a 24 piedi sotto la superficie. In questa pietra poteva vedere molte cose, è mia conoscenza certa. Fu attraverso questa pietra che scoprì per la prima volta quelle tavole.”

 

Gli affidavit di Hurlbut

Dopo essere stato scomunicato nel 1833, D. P. Hurlbut decide di andare a Palmyra e Manchester per raccogliere degli affidavit (dichiarazioni giurate davanti a un giudice o notaio alla presenza di testimoni) di vicini, compaesani e conoscenti degli Smith, che mettono in luce le loro attività di cercatori di tesori. Di seguito sono citati alcuni di questi conoscenti, che spesso e volentieri erano anch’essi cercatori di tesori ma tenevano a che non si sapesse visto che criticavano gli Smith per svolgere le stesse attività poco rispettate.

Le fattorie a sud di Palmyra

Willard Chase era un altro cercatore di tesori e per salvare la faccia nasconde che anche sua sorella Sally era molto famosa in zona per usare una pietra divinatoria verde. Racconta che nel 1822 aveva assunto Joseph Smith e il fratello Alvin per scavare un pozzo (per suo fratello Mason) e che trovò una pietra dall’aspetto particolare, quella che poi userà per cercare i tesori e dettare il Libro di Mormon.

“Joseph la mise nel suo cappello e poi mise la sua faccia nell’apertura del cappello. Smith ha detto che aveva tirato fuori lui la pietra dal pozzo, ma questo è falso: c’ero soltanto io in quel pozzo. La mattina seguente venne da me desiderando ottenere la pietra, dicendo che poteva vederci dentro; gli dissi che non volevo separarmene perché era particolare, ma che potevo prestargliela. Dopo aver ottenuto la pietra cominciò a rendere pubbliche quali meraviglie poteva scoprire guardandoci dentro e creò un tale tumulto fra la parte credulona della comunità che gli ordinai di restituirmela.”

Joseph riuscì comunque a farsi prestare di nuovo la pietra, ma stavolta non gliela restituì. Chase aggiunge poi che nel giugno del 1827 Joseph Smith padre gli aveva raccontato quanto segue sul ritrovamento del Libro di Mormon:

“Alcuni anni fa uno spirito era apparso in una visione a suo figlio Joseph e lo aveva informato che esistevano in un certo posto degli annali su tavole d’oro e che egli era la persona che doveva ottenerli facendolo nel modo seguente: il 22 settembre avrebbe dovuto recarsi nel luogo in cui era deposto questo manoscritto vestito in abiti neri e conducendo un cavallo nero con un frustino, e richiedendo il libro in un certo nome e, dopo averlo ottenuto, avrebbe dovuto andarsene via direttamente senza posarlo a terra né guardando dietro di sé. Pertanto fornirono Joseph di un completo nero e presero in prestito un cavallo nero. Si recò nel luogo di deposito e chiese il libro, che era in una scatola di pietra non sigillata e così vicina alla superficie che poteva vederne un’estremità e, sollevatala, estrasse il libro d’oro. Ma, temendo che qualcuno avrebbe potuto scoprire dove l’avesse preso, lo posò a terra per rimettere a posto il coperchio di pietra così come lo aveva trovato; giratosi, fu sorpreso che non ci fosse nessun libro in vista. Riaprì di nuovo la scatola e ci vide dentro il libro e provò a tirarlo fuori, ma venne ostacolato. Vide nel contenitore una cosa simile a un rospo, che assunse rapidamente le sembianze di un uomo e lo colpì sul lato della testa. Non scoraggiato da una sciocchezza, si piegò di nuovo per cercare di recuperare il libro quando lo spirito lo colpì nuovamente scagliandolo lontano tre o quattro pertiche [una pertica misurava circa 5 metri] e facendogli molto male. Dopo essersi ripreso dallo spavento, chiese perché non potesse recuperare le tavole, al che lo spirito rispose perché non aveva seguito i suoi ordini. Chiese poi come avrebbe potuto averle e gli fu risposto così: vieni fra un anno da oggi, porta con te il tuo fratello maggiore e le avrai.”

Alvin però morì due mesi dopo e, al secondo incontro, lo spirito gli disse di tornare l’anno successivo con un certo uomo, che avrebbe riconosciuto dopo averlo visto. Joseph decise che costui era Samuel T. Lawrence, suo compagno nella caccia a tesori nascosti, e lo portò sulla collina di Cumora. Lì “Gli mostrò dove fosse il tesoro. Lawrence gli chiese se avesse trovato qualcosa assieme alle tavole d’oro; gli disse di no; gli chiese quindi di guardare nella sua pietra per vedere se non ci fosse nulla con esse. Guardò e disse che non c’era nulla; gli disse di guardare di nuovo e di controllare se non ci fosse un grande paio di occhiali assieme alle tavole; guardò e vide un paio di occhiali, gli stessi con i quali Joseph disse di aver tradotto il Libro di Mormon.”

Joseph Knight, che aveva conosciuto Joseph Smith quando scavavano insieme per Stowell, aggiunge che Moroni disse di tornare con unaltra persona alla stessa data, che il giovane Joseph “guardò nel suo cristallo e scoprì che era Emma Hale, figlia dell’anziano signor Hale della Pennsylvania, una ragazza che aveva già visto prima dato che era stato laggiù assieme a me in precedenza.”

Chase continua dicendo che Joseph gli aveva raccontato che, accompagnato in carrozza dalla moglie Emma ai piedi della collina, aveva recuperato le tavole e le aveva nascoste in un tronco. Qualche giorno dopo, andando a recuperarle per timore che qualcuno le avesse trovate, aveva steso due uomini che lo avevano aggredito mentre le portava a casa avvolte nella sua giacca. “Fece l’osservazione che non avrebbe ottenuto il libro se non fosse stato per quella pietra (che riconobbe essere di mia proprietà).” Poi “Dato che i suoi vicini erano disgustati dalle sue sciocche storie, decise di tornare in Pennsylvania per evitare quella che lui chiamava persecuzione.” Joseph fa la conoscenza del facoltoso fattore Martin Harris e “Nella primavera del 1829 Harris andò in Pennsylvania e, al suo ritorno a Palmyra, riportò che la moglie del profeta avrebbe dato alla luce nel mese di giugno un maschietto che sarebbe stato in grado a due anni di tradurre la Bibbia d’oro. Poi disse che avremmo visto Joseph Smith camminare per le strade di Palmyra con sottobraccio una Bibbia d’oro indossando un pettorale aureo e con una spada d’oro sul fianco. Questo tuttavia si rivelò del tutto falso.”

William Stafford, anche lui proprietario di una pietra divinatoria, qui cerca di minimizzare la sua partecipazione alla caccia ai tesori sostenendo che fosse solo per curiosità: “Gran parte del loro tempo era dedicato a scavare alla ricerca di denaro, specialmente di notte, quando dicevano che il denaro poteva essere ottenuto più facilmente. Li ho sentiti raccontare favole meravigliose in merito alle scoperte che avevano fatto durante le loro bizzarre attività di cercatori di tesori. Dicevano per esempio che in un certo posto, su una certa collina nella fattoria di un certo uomo erano deposte chiavi, botti e barili di monete d’argento e d’oro, lingotti d’oro, icone auree, pentole di rame piene d’oro e d’argento, candelabri d’oro, spade e così via. Dicevano anche che quasi tutte le colline in questa zona di New York erano state innalzate da mano umana e che dentro di loro c’erano grandi caverne che Joseph figlio poteva vedere mettendo una pietra di aspetto particolare nel suo cappello in modo da escludere completamente la luce. All’epoca sostenevano che potesse vedere ogni cosa dentro e sotto la terra, che poteva vedere nelle suddette caverne grossi lingotti d’oro e tavole d’argento e che poteva anche scoprire gli spiriti nelle cui cure erano i tesori, vestiti con abiti antichi. In alcuni momenti questi tesori potevano essere ottenuti molto facilmente; in altri era difficile ottenerli. La facilità a potervisi avvicinare dipendeva in gran parte dalla fase della luna. Credo che il novilunio e il Venerdì santo fossero considerati i momenti più propizi per ottenere quei tesori. Considero immaginarie queste storie.”

“Una notte venne da me Joseph Smith padre dicendomi che Joseph figlio stava guardando nel suo cristallo e aveva visto a non molte pertiche da casa sua due o tre pentole piene d’oro e argento a qualche piede sotto la superficie del terreno e che solo il vecchio Joseph e io stesso avremmo potuto recuperarle. Acconsentii pertanto ad andare e ci recammo la sera presto al luogo del deposito. Joseph padre tracciò dapprima un cerchio del diametro di dodici o quattordici piedi e disse che quel cerchio conteneva il tesoro. Conficcò poi nel suolo una serie di bastoncini di amamelide intorno a detto cerchio allo scopo di allontanare gli spiriti malvagi. All’interno del cerchio ne tracciò un altro di circa otto o dieci piedi di diametro. Camminò intorno all’estremità di questo cerchio per tre volte sussurrando fra sé qualcosa che non riuscivo a capire. In seguito piantò una verga di ferro al centro dei cerchi e ci venne imposto un totale silenzio, altrimenti avremmo risvegliato lo spirito maligno che aveva la custodia di questi tesori. Dopo aver scavato una fossa profonda circa cinque piedi attorno alla verga, il vecchio chiese il permesso di andarsene con segni e gesti e andò a casa a chiedere al giovane Joseph il motivo del nostro fallimento. Tornò poco dopo e disse che Joseph era rimasto tutto quel tempo in casa guardando nella sua pietra e sorvegliando i movimenti dello spirito maligno, che aveva visto lo spirito risalire fino al cerchio e che non appena aveva visto il cono che avevamo creato attorno alla verga aveva fatto sprofondare il denaro. Andammo quindi in casa e il vecchio disse che avevamo fatto un errore all’inizio dell’opera; non fosse stato per quello, disse, avremmo potuto recuperare il denaro.”

“Il vecchio Joseph e uno dei ragazzi venne da me un giorno e disse che Joseph figlio aveva scoperto dei tesori davvero notevoli e di valore che potevano essere recuperati in un solo modo. Il metodo era il seguente: si doveva portare una pecora nera nel luogo in cui erano nascosti i tesori e, dopo averle tagliato la gola, la si doveva trascinare in cerchio mentre sanguinava. Fatto questo, la collera dello spirito maligno si sarebbe placata: si sarebbe perciò potuto recuperare il tesoro e la mia parte sarebbe stata un quarto. Gli lasciai prendere una pecora grande e grassa per appagare la mia curiosità. In seguito mi informarono che la pecora venne uccisa secondo comandamento ma che, essendoci stato un errore nel processo, non sortì l’effetto desiderato.”

Joseph Capron: “La famiglia Smith aveva moltissima considerazione per Joseph figlio a motivo di qualche potere sovrannaturale che diceva di possedere. Sosteneva che questo potere gli veniva per mezzo di una pietra con caratteristiche peculiari. La pietra veniva messa in un cappello in modo da escludere completamente la luce eccetto quella emanata dalla pietra stessa. Diceva che la luce di questa pietra gli permetteva di vedere ogni cosa che desiderava. Pertanto scopriva fantasmi, spiriti infernali, montagne di oro e argento e molti altri tesori inestimabili deposti nel suolo. Diceva spesso ai suoi vicini delle sue incredibili scoperte e li esortava a imbarcarsi nell’attività di cercatori di tesori. A chiunque avesse seguito i suoi consigli sarebbero toccati lusso e ricchezza. Si riunì presto una banda: alcuni di loro erano spinti da curiosità, altri erano esaltati nelle loro aspettative di guadagno immediato. Racconterò un episodio in modo che un non iniziato sappia come la compagnia scavava alla ricerca di tesori. Il sapiente Joseph scoprì a nordovest di casa mia un baule pieno di orologi d’oro ma, essendo la proprietà di uno spirito malvagio, ci volevano abilità e uno stratagemma per recuperarli. Pertanto si diede ordine di infilarci intorno un carico di grossi pali nel suolo in forma circolare per molte pertiche. Questo doveva essere fatto direttamente sopra il punto in cui il tesoro era sotterrato. Si mandò un messaggero a Palmyra per recuperare una spada lucidata; dopodiché Samuel F. Lawrence, spada sguainata in mano, marciò intorno per fare la guardia da un qualsiasi assalto che sua maestà satanica avrebbe voluto fare. Nel frattempo il resto della compagnia era alacremente occupato a scavare per trovare gli orologi. Lavorarono, come al solito, fino a essere esausti ma, nonostante il coraggioso difensore Lawrence e il loro bastione di pali, il diavolo l’ebbe vinta e si portò via gli orologi.”

Larea di Palmyra
 

Peter Ingersoll: “Un giorno stavo arando vicino alla casa di Joseph Smith padre verso mezzogiorno e mi chiese di camminare con lui non lontano da casa sua per vedere se un bastone da rabdomante [mineral rod nell’originale] potesse funzionare nelle mie mani, dicendomi anche che era sicuro che sarebbe stato il caso. Dato che i miei buoi stavano mangiando e che io stesso ero libero, accettai l’invito. Quando arrivammo vicino a dove diceva ci fosse il denaro, tagliò un cespuglietto di amamelide e mi spiegò come tenerlo. Si allontanò poi qualche pertica e mi istruì di dire al bastone “vai verso i soldi”, cosa che feci a voce alta. Mi rimproverò severamente di averlo detto forte, dicendo che doveva essere sussurrato. Era un’attività nuova per me. Mentre il vecchio stava a qualche pertica mettendosi in varie pose, gli dissi che il bastone non funzionava. Sembrò molto sorpreso e disse che gli sembrava di averlo visto muoversi nelle mie mani. Era il momento per me di tornare al lavoro. Al mio ritorno raccolsi una piccola pietra lanciandomela noncurante fra una mano e l’altra. Mi disse, sembrando molto serio, cosa pensi di fare con quella pietra? Gli risposi lanciarla agli uccelli. Il vecchio disse no, ha molto valore e quindi gliela diedi. Mi disse se solo sapessi quali ricchezze ci sono dietro casa mia e, indicando un luogo vicino, esclamò laggiù c’è un forziere pieno d’oro e un altro d’argento. Poi mise la pietra che gli avevo dato nel suo cappello, sporgendosi in avanti e piegandosi, facendo varie manovre abbastanza simili a quelle di un’esca per piccioni. Alla fine abbassò il cappello e disse con una voce flebile, del tutto esausto, se sapessi ciò che ho visto, crederesti. […] Poi suo figlio Alvin si diede allo stesso spettacolo, che era ugualmente grottesco.”

Poi cita un altro paio di episodi:

“Un’altra volta Joseph padre mi disse che il miglior momento per cercar tesori era nella calura estiva, quando il caldo faceva risalire i bauli di soldi vicino alla superficie del suolo. Vedi, mi disse, le grosse pietre sul suolo? Le chiamiamo rocce, e ne hanno proprio l’aspetto, ma in realtà la maggior parte di esse sono bauli pieni di soldi fatti risalire dal calore del sole. Un’altra volta invece mi disse che gli antichi abitanti di questo paese usavano cammelli invece di cavalli. A prova di ciò disse che in una certa collina nella fattoria del signor Cuyler c’era una grotta contenente un’immensa quantità di oro e argento, panoplie e anche una sella per cammelli appesa a un piolo in un fianco della caverna. Gli chiesi di che tipo di legno fosse il piolo. Non sapeva dirlo, ma disse che era simile a pietra o ferro.”

Le pergamene magiche degli Smith

La famiglia di Eldred G. Smith (discendentete di Hyrum Smith nonché ultimo patriarca presiedente), morto nel 2013 alla veneranda età di 106 anni, ha tre fogli di carta con disegnati sopra simboli magici e custoditi in una borsetta in cotone che si appendeva al collo; insieme formano un amuleto chiamato lamen ed erano usati dai suoi antenati durante le ricerche di tesori invocando angeli e spiriti e proteggendo i portatori da influenze maligne. La foto in bianco e nero viene dal libro dello storico D. Michael Quinn Early Mormonism and the Magic World View, il più importante scritto sul soggetto.

A questo punto è possibile vedere che per raccontare la sua storia Joseph Smith ricorre a quello che sapeva fare meglio: fonde la religione e le credenze popolari. Ricicla la narrativa dei money diggers, con Moroni che gli appare per tre volte durante l’equinozio d’autunno, poi usa la sua pietra divinatoria per localizzare le tavole d’oro ma per tre volte lo spirito dell’aborigeno lo respinge perché non segue le istruzioni. Infine, recuperate le tavole sempre allequinozio autunnale, userà la stessa pietra marrone nel suo cappello per produrre il Libro di Mormon, che parla dell’antico popolo che aveva sotterrato i tesori di cui l’America rigurgitava. Anche Martin Harris, riconosciuto il potenziale per altre ricchezze dopo aver sentito la storia, andrà a Cumora nel 1827 per vedere se fosse rimasto qualche altro tesoro. Poco prima della morte dice a Ole A. Jensen, archivista del suo rione: “Ti racconterò una cosa incredibile che accadde dopo che Joseph aveva trovato le tavole. Tre di noi presero degli attrezzi per andare sulla collina e dar la caccia ad altri bauli di oro o altro, e trovammo in effetti una scatola di pietra. Ci emozionammo parecchio al riguardo e scavammo intorno con parecchia cura ed eravamo pronti a sollevarla, ma ecco che per qualche potere invisibile la scatola scivolò indietro nella collina. Rimanemmo lì e la guardammo e uno di noi prese un piede di porco e cercò di infilarlo nel coperchio e trattenerlo, ma la spranga rimbalzò e spaccò via un angolo della scatola. Un giorno quella scatola verrà ritrovata e vedrai l’angolo rotto e allora saprai che ho detto di nuovo la verità.”

Nel 1877 Brigham Young racconta un episodio molto simile di cui era stato testimone Porter Rockwell, allora un ragazzino: Rockwell gli “disse che una notte, mentre erano impegnati a dar la caccia a questo vecchio tesoro, scavarono intorno ai lati di un baule per circa venti pollici. Il baule era di circa tre piedi quadrati. Un uomo, che era determinato ad avere il contenuto di quel baule, prese un piccone e ne colpì il coperchio, attraversando il baule. Il colpo staccò un pezzo del coperchio, che una certa donna tenne in suo possesso fino alla morte. Quel forziere pieno di denaro sprofondò nel banco. Porter lo descrive così [fa un suono roboante]; dice che questo è vero quanto lo sono i cieli. Ho sentito altri raccontare la stessa storia.”

 

Urim e Thummim?

Nel Libro di Mormon le pietre trasparenti incastonate in un grosso paio di occhiali sono chiamate “interpreti” (cfr. Mosia 8:13, 28:13-14 e Ether 3:22-24). Gli interpreti nefiti però “erano stati tolti a Joseph come punizione dopo che aveva permesso a Martin Harris di portar via le 116 pagine del manoscritto del Libro di Mormon, ma gli fu permesso di proseguire e tradurre con l’utilizzo di una pietra divinatoria [seer stone nell’originale] che possedeva e che metteva in un cappello nel quale infilava la faccia, dicendo a me e ad altri che il carattere originale appariva su una pergamena e sotto di essa la traduzione in inglese”, come spiega David Whitmer in un’intervista del 14 gennaio 1885 all’apostolo dell’allora Chiesa Riorganizzata Zenas H. Gurley. Anche Emma Smith ribadisce in una lettera del 27 marzo 1870 a Emma Pilgrim che Ora, la prima parte che mio marito aveva tradotto venne tradotta con luso dellUrim e Thummim, e quella era la parte che Martin Harris perse; dopodiché usò una piccola pietra, non esattamente nera ma di colore piuttosto scuro. 

La pietra con cui Joseph diceva di poter localizzare i tesori è proprio quella che usa durante la dettatura del Libro di Mormon e verrà associata agli oggetti biblici chiamati Urim e Thummim per la prima volta da W. W. Phelps (Evening and Morning Star, gennaio 1833) per cercare di “cristianizzare” quegli oggetti magici. Joseph probabilmente gradì la trovata perché gli evitava limbarazzo del legame con la magia popolare e da quel momento in poi userà quei termini per indicare gli oggetti con cui aveva prodotto il Libro di Mormon. Sempre nel 1833 esce il Libro dei Comandamenti, che nel 1835 cambierà nome in Dottrina e Alleanze, e non li menziona mai: DeA 10:1 parla degli Urim e Thummim per la traduzione del Libro di Mormon, ma nella versione del 1833 (capitolo 9, versetto 1) si parlava solo di un generico dono per il quale Smith era in grado di tradurre; anche DeA 17:1 chiama gli interpreti Urim e Thummim, ma la sezione risale alledizione del 1835 e non cè in quella del 1833. Joseph Smith non ammetterà mai di aver usato la sua pietra divinatoria, insistendo tutta la vita che aveva usato gli interpreti nefiti per la traduzione o rimanendo sul vago, come nella conferenza generale di ottobre 1831 in cui disse che non era previsto che al mondo fossero rivelati tutti i particolari della venuta alla luce del Libro di Mormon e disse anche che per lui non era opportuno raccontare queste cose.

 

La pietra divinatoria di Joseph Smith, dai Joseph Smith Papers

 

La vaghezza e la reticenza nelle dichiarazioni di Joseph Smith sulla sua carriera di cercatore di tesori e sull’uso della pietra divinatoria per produrre il Libro di Mormon portarono anche a parecchia confusione in seguito. Questa era ulteriormente rinforzata dalla determinazione della Chiesa a mantenere come versione ufficiale che Joseph traduceva con gli interpreti le tavole del Libro di Mormon mentre queste erano davanti a lui sul tavolo, tacendo sulle attività magiche e insegnando nelle lezioni domenicali e mostrando nelle illustrazioni prodotte solo la versione “ufficiale” della dettatura del testo. La pietra divinatoria (tradotta come pietra del veggente nelle pubblicazioni mormoni) era così controversa che Joseph Fielding Smith sostenne in Dottrine di Salvezza (vol. III, p. 180) che “è in possesso della Chiesa […] nondimeno nella storia della Chiesa non si trova alcuna fondata dichiarazione che ci dica che una tale pietra sia stata impiegata nella traduzione del libro”. L’apostolo LeGrand Richards invece in un’intervista del 1978 col pastore Wesley P. Walters, che gli aveva chiesto: “Beh, credevo che qualcuno avesse detto che Joseph Fielding aveva avuto la pietra divinatoria di Joseph Smith” rispose: “No, non ce l’abbiamo.” Solo nell’agosto del 2015 la Chiesa pubblicherà foto della pietra di Joseph Smith attraverso i Joseph Smith Papers, confermando di possederla e che era stata effettivamente usata per la traduzione.

Nel 1834 Hurlbut raccoglie un affidavit di Isaac Hale, il padre di Emma, da cui vivevano gli Smith quando lavoravano per Josiah Stowel e che vede la dettatura del Libro di Mormon:

“Ho incontrato per la prima volta Joseph Smith figlio nel novembre del 1825. In quel periodo era impiegato da un gruppo di uomini chiamati “money diggers”; il suo incarico era quello di vedere, o far finta di vedere attraverso una pietra messa in un cappello, cappello chiuso attorno alla sua faccia. In questo modo pretendeva di scoprire minerali e tesori nascosti. Il suo aspetto a quei tempi era quello di un giovane uomo noncurante, non molto beneducato e parecchio impertinente e insolente verso il padre. Smith, suo padre e diversi altri “money diggers” alloggiavano a casa mia mentre erano impiegati nello scavare per trovare una miniera che presumevano fosse stata aperta e sfruttata dagli Spagnoli molti anni addietro. Il giovane Smith inizialmente incoraggiava moltissimo i “money diggers” ma, quando questi arrivarono vicino al luogo in cui aveva detto che avrebbero trovato un immenso tesoro, disse che l’incantesimo era così potente che non poteva più vedere.” Dopo essersi frequentati, Joseph “chiese il mio consenso a lungo per sposare mia figlia Emma. Rifiutai dandogli le mie motivazioni, fra le quali che era un estraneo ed era in un’attività che non potevo approvare.” Dopo essersi sposati di nascosto, Emma e Joseph tornarono con Peter Ingersol per recuperare le cose della novella sposa, trasferendosi lì vicino. Poi “Fui informato che avevano portato con sé un meraviglioso libro su tavole. Mi venne mostrata una scatola nella quale dicevano che erano contenute, che aveva l’aspetto di una scatola di vetri per finestre. Mi fu permesso di sentire il peso della scatola e mi dissero che vi erano dentro le tavole, ma che non mi era permesso guardarci dentro. Chiesi a Joseph Smith chi sarebbe stata la prima persona che avrebbe potuto vedere le tavole e disse che sarebbe stato un bambino piccolo. Dopo questo fui insoddisfatto e lo informai che se vi fosse stata una qualsiasi cosa corrispondente a ciò in casa mia che non avevo il diritto di vedere, doveva portarla via; se non lo avesse fatto, sarei stato deciso a vederlo. Dopodiché dissero che le tavole erano nascoste nei boschi.” Un giorno assistette alla dettatura del Libro di Mormon e disse che “il modo in cui diceva di leggere e interpretare era lo stesso di quando scrutava per i cercatori di tesori, con la pietra nel cappello e la faccia nel cappello, mentre le tavole erano allo stesso tempo nel bosco!” Termina il suo affidavit con l’osservazione che ”Joseph Smith abitò vicino a me per un po’ di tempo dopo questi eventi e ho avuto una buona opportunità di conoscere lui e un po’ i suoi colleghi e credo con cognizione di causa per quello che ho raccontato e molte altre circostanze che non ritengo necessario riferire, che tutto il cosiddetto Libro di Mormon sia una sciocca invenzione di falsità e malvagità nato per speculare e con lo scopo di ingannare i creduloni e gli sprovveduti in modo che i suoi creatori possano campare con i beni di chi si beve questo raggiro.”

David Whitmer, uno dei Tre Testimoni nella cui casa era stata dettata la maggior parte del Libro di Mormon, conferma quel metodo nel suo opuscolo del 1887 intitolato An Address to All Believers in Christ:

“Ora vi darò una descrizione del modo in cui il Libro di Mormon venne tradotto. Joseph Smith metteva la pietra divinatoria [seer stone nell’originale] in un cappello e metteva la faccia nel cappello, avvicinandolo attorno al volto per escludere la luce; e nelloscurità splendeva la luce spirituale. Appariva un pezzo di qualcosa che somigliava a pergamena e su quello appariva la scritta. Appariva un carattere alla volta e sotto questo cera linterpretazione in inglese. Il fratello Joseph leggeva linglese a Oliver Cowdery, che era il suo scrivano principale, e quando era trascritto e ripetuto al fratello Joseph per vedere se fosse corretto, allora scompariva e appariva un altro carattere con la sua interpretazione. In questo modo venne tradotto il Libro di Mormon, per dono e potere di Dio e non da un qualsiasi potere delluomo.”

La storia delle pietre divinatorie e dei bastoni da rabdomanti però non finisce qui. Whitmer racconta nello stesso opuscolo che una volta nel 1830:

“Joseph guardò nel cappello in cui aveva messo la pietra e ricevette una rivelazione che alcuni dei fratelli dovevano andare in Canada e che avrebbero venduto i diritti d’autore del Libro di Mormon. Hiram Page e Oliver Cowdery andarono a Toronto per questa missione, ma fallirono completamente nel vendere i diritti d’autore e tornarono senza alcun denaro. Joseph era a casa di mio padre quando tornarono. Anch’io ero lì e sono testimone oculare dei fatti. Anche Jacob Whitmer e John Whitmer erano presenti quando Hiram Page e Oliver Cowdery tornarono dal Canada. Bene, eravamo tutti in un mare di guai e chiedemmo a Joseph come fosse possibile che avesse ricevuto la rivelazione dal Signore che alcuni fratelli andassero a Toronto per vendere i diritti d’autore e che i fratelli avessero del tutto fallito nel loro incarico. Joseph non sapeva come fosse possibile, quindi chiese al Signore in merito ed ecco che la seguente rivelazione venne dalla pietra: ‘Alcune rivelazioni vengono da Dio, alcune rivelazione vengono dall’uomo e alcune rivelazioni vengono dal diavolo.’ Così vediamo che la rivelazione di andare a Toronto e vendere i diritti d’autore non veniva da Dio, ma dal diavolo o dal cuore dell’uomo.”

Lo stesso Hiram Page, uno degli Otto Testimoni, ebbe i suoi momenti nel 1830 con una pietra divinatoria nera che gli aveva rivelato informazioni sull’edificazione e l’organizzazione di Sion. Gli stessi Oliver Cowdery e i Whitmer gli credettero e Joseph Smith, il cui primato profetico era minacciato, dettò Dottrina e Alleanze 28, che specifica al versetto 2 “Ma ecco, in verità, in verità ti dico: Nessuno sarà nominato per ricevere comandamenti e rivelazioni in questa chiesa eccetto il mio servitore Joseph Smith jr, poiché egli li riceve proprio come Mosè” e dice a Cowdery al versetto 11 “E ancora, prendi tuo fratello Hiram Page fra te e lui soli, e digli che le cose che egli ha scritto da quella pietra non sono da me e che Satana lo inganna”.

Luso di pietre divinatorie da parte dei primi membri causò ulteriori grattacapi a Joseph Smith e la madre racconta nella biografia del figlio un episodio del 1837:

“A quei tempi una certa giovane donna che viveva da David Whitmer pronunciò una profezia che diceva di aver ricevuto guardando in una pietra nera che aveva trovato. Questa profezia dava un’idea del tutto nuova delle cose. Disse che il motivo per cui un terzo della chiesa avrebbe voltato le spalle a Joseph era perché lui stesso era in trasgressione e che sarebbe decaduto dal suo ufficio per quel motivo; che David Whitmer o Martin Harris avrebbero occupato il posto di Joseph e che colui che non lo avrebbe succeduto sarebbe stato il consigliere dell’altro.” Anche altre figure importanti di Kirtland come Frederick G. Williams della Prima Presidenza e Jared Carter, presidente del Sommo Consiglio di Kirtland, le credettero.

Una delle pietre divinatorie di David Whitmer, da lostmormonism.com

 

David Whitmer stesso aveva due pietre divinatorie piatte e con due fori dai quali si guardava attraverso, oggi negli archivi della Comunità di Cristo, e anche suo fratello Jacob ne aveva una simile. In origine questi oggetti erano gorgiere, prelevate da sepolture di nativi americani. Anche le fusaiole antiche erano riciclate come pietre divinatorie per via del loro buco centrale e Joseph Smith ne avrà una a Nauvoo (oggi visibile nel Wilford Wood Museum di Bountiful, nello Utah).

Oliver Cowdery prediligeva invece un altro oggetto già trattato: il bastone da rabdomante, menzionato anche in una rivelazione del 1829 nel Libro dei Comandamenti 7:3 (oggi Dottrina e Alleanze 8:5-9), pubblicato nel 1833:

“Oh, ricorda queste parole, e rispetta i miei comandamenti. Ricorda, questo è il tuo dono. Ora, questo non è tutto; poiché hai un altro dono, che è il dono di lavorare con la verga; ecco, essa ti ha detto delle cose; ecco, non c’è nessun altro potere, salvo Dio, che possa far sì che questa verga di natura [rod of nature nell’originale] funzioni fra le tue mani, poiché è l’opera di Dio. E perciò tutto ciò che mi chiederai di dirti mediante questo mezzo, io te l’accorderò, e ne avrai conoscenza.”

Quando Dottrina e Alleanze sarà pubblicata nel 1835, questa sezione verrà modificata (come tante altre a dire il vero) e il bastone da rabdomante sarà sostituito dalla vaga espressione “dono di Aaronne”, molto più accettabile in un contesto cristiano più serio e rispettabile: dopotutto gli affidavit di Hurlbut, che ridicolizzavano gli Smith dipingendoli come una banda di bifolchi superstiziosi, erano stati pubblicati giusto l’anno precedente. L’apostolo Anthon H. Lund scrive nel suo diario il 5 luglio 1901 che Oliver Cowdery aveva dato quel bastone al cognato Phineas Young, che a sua volta “lo diede al presidente Young, che lo aveva con sé quando arrivò in questa valle e che fu con questo bastone che indicò dove si sarebbe dovuto costruire il tempio” di Salt Lake City. Joseph Smith aveva anche lasciato la sua pietra marrone a Cowdery, che passò a Brigham Young sempre attraverso Phineas e venne poi donata alla Chiesa da una delle vedove di Brigham, Zina D. Huntington (che inoltre era stata una delle mogli di Joseph Smith a Nauvoo). Può essere difficile digerire questa versione dei fatti non solo perché contraddice tutto quello che ci era stato insegnato in chiesa, ma anche perché viene un po’ da ridere immaginando la voce ovattata di Joseph che usciva dal cappello quando la pietra gli “rivelava” il testo del Libro di Mormon. Così come è facile sorridere al pensiero di quei poveracci che stavano svegli la notte a scavare freneticamente fosse enormi per trovare tesori che però sprofondavano sempre al minimo problema, lasciandoli a mani vuote e stravolti di stanchezza il mattino dopo. E che dire degli esaltati che dicevano di ricevere rivelazioni divine dai loro sassolini colorati o da bastoni biforcuti? Immaginate la confusione: a chi si doveva credere, visto che molti dicevano di ottenere la volontà divina con la loro oggettistica magica e che a volte pure Joseph prendeva un granchio? Fa abbastanza senso poi vedere quanto fosse facile turlupinare i testimoni del Libro di Mormon e altri dirigenti: erano pronti a credere a chiunque avesse una pietra magica e ricevesse rivelazioni, che fosse Joseph Smith, Hiram Page, la ragazza che viveva dai Whitmer…

Molti oggi negano questi fatti perché probabilmente vedono quanto sia problematico o ridicolo che le fondamenta del mormonismo affondino nella magia popolare. Altri invece provano ancora ad accostare forzatamente questi artefatti magici a oggetti dellAntico Testamento come gli Urim e Thummim (che erano una forma di cleromanzia) o la miracolosa verga di Aaronne per cercare di legittimizzarli in senso religioso, ma dal contesto è ben chiaro che la natura delle pietre divinatorie sia più una continuazione di quelle con cui John Dee ed Edward Kelley ricevevano le loro rivelazioni e che i vari bastoni sono semplicemente quelli dei rabdomanti, che anche oggi ben poche persone prendono sul serio. Lo stesso Joseph Smith se ne rendeva conto e per gran parte della sua vita cercherà di scrollarsi di dosso la reputazione di cercatore di tesori, oltre a nascondere la vera natura degli “Urim e Thummim” o della “verga di natura”. Chiaramente il sommo sacerdote ebraico non si serviva degli Urim e Thummim (qualsiasi cosa fossero) per cercare tesori inesistenti e Aaronne non avrebbe fatto uso di un rametto biforcuto, ma di un solido bastone da pastore quando questo si trasforma in serpente oppure sboccia secondo la mitologia del Pentateuco. È difficile stabilire con oggettività se la storia del ritrovamento del Libro di Mormon sia solo l’ennesimo frutto scaturito dalla mente superstiziosa di Joseph Smith o se fosse in tutto e per tutto una truffa da lui orchestrata; è però innegabile che l’episodio che ha raccontato derivi direttamente dalle credenze di contadini impressionabili in spettri che proteggevano tesori nascosti da popoli antichi e che per produrre il Libro di Mormon e le prime rivelazioni della Chiesa abbia usato gli strumenti del mestiere dei money diggers.

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