Nella primavera del 1843 dei missionari mormoni predicano a Kinderhook, una cittadina nella contea di Pike (la stessa dove Joseph Smith aveva trovato le ossa di Zelph nel 1834) una settantina di miglia a sud di Nauvoo. Lasciano probabilmente dietro di sé A Voice of Warning, in cui l’apostolo Parley P. Pratt dice che Salmi 85:11 annuncia la venuta del Libro di Mormon: “la verità scaturirà dalla terra”. L’interpretazione fantasiosa di questo passaggio non sfugge a qualche residente di Kinderhook, Robert Wiley, Wilbur Fugate e Bridge Whitton, che decidono di fare uno scherzo ai prossimi missionari e ai potenziali proseliti mormoni in zona: creano sei tavolette di ottone con delle iscrizioni inventate e le seppelliscono in modo che possano anch’esse “scaturire dalla terra” come il Libro di Mormon quando le dissotterreranno il 23 aprile.
Posizione di Nauvoo e Kinderhook |
A Nauvoo il Times and Seasons (gestito dagli apostoli John Taylor e Wilford Woodruff) ripubblica il 1° maggio 1843 la storia come riportata da un certo J. Roberts al Quincy Whig, che la abbellisce facendola somigliare a uno dei numerosi episodi di caccia al tesoro: “Sembra che un giovane uomo dal nome di Wiley, un residente di Kinderhook, sognò per tre notti consecutive che ci fossero tesori nascosti in un certo tumulo nelle vicinanze. Colpito dallo strano episodio di fare lo stesso sogno per tre notti consecutive, giunse alla conclusione di soddisfare il proprio spirito scavando nel tumulo. Per paura di essere deriso se avesse fatto conoscere il suo progetto ad altri, ci andò da solo e lavorò diligentemente una giornata alla ricerca dell’ipotetico tesoro scavando un buco al centro del tumulo. Trovandolo parecchio faticoso, invitò altri ad aiutarlo. Alla fine una compagnia di dieci o dodici uomini si recò al tumulo e aiutò a scavare il pozzo cominciato da Wiley. Dopo essersi addentrati nel tumulo per circa 11 piedi, giunsero a un fondo di calcare che sembrava essere stato soggetto all’azione del fuoco; rimossero la pietra, che era piccola e facile da manipolare, per la profondità di altri due piedi e trovarono SEI LAMINE DI RAME” La parte del sogno verrà smentita da Wiley stesso qualche giorno dopo (Quincy Whig, 10 maggio 1843).
Il trio non immagina che il loro scherzo avrebbe avuto un tale successo da arrivare a Nauvoo e raggirare il profeta stesso. Charlotte Haven, una ragazza non mormone che all’epoca viveva a Nauvoo, scrive in una lettera alla famiglia del 2 maggio 1843: “Riceviamo molto spesso notizie dai nostri amici di Quincy dal sig. Joshua Moore, che passa da quel posto a questo a cavallo nei suoi giri mensili a zigzag per lo stato. La sua ultima chiamata fu sabato scorso e portò con sé una mezza dozzina di sottili pezzi di ottone, apparentemente molto vecchi, a forma di campana lunghi circa cinque o sei pollici. Avevano sulla superficie graffi che somigliavano a scrittura e strani segni, come dei caratteri simbolici. Erano state trovate di recente, diceva, in un tumulo a qualche miglio a sud di Quincy. Quando le mostrò a Joseph, quest’ultimo disse che i segni o la scrittura su di esse erano simili a quella nella quale era scritto il Libro di Mormon e, se il sig. Moore le avesse lasciate, credeva di poterle tradurre con l’aiuto della rivelazione. Quindi possiamo aspettarci presto un seguito di quel libro sacro.” La mattina del 1° maggio Joseph Smith infatti si era fatto suggellare alla giovane Lucy Walker e, dopo aver visto le lamine nel pomeriggio, il suo fedele scrivano William Clayton (che lo aveva accompagnato per tutta la giornata) riporta nel proprio diario che “Il presidente J[oseph] ne ha tradotto una porzione e dice che contengono la storia della persona con la quale erano state trovate e che egli era un discendente di Cam attraverso i lombi di Faraone re d’Egitto e che aveva ricevuto il suo regno dal sovrano del cielo e della terra.”
Facsimile delle lamine di Kinderhook. Quella cerchiata è l’unica attualmente conosciuta |
Il 10 maggio il Nauvoo Neighbor (anch’esso gestito da John Taylor) riprende la lettera all’editore pubblicata dieci giorni prima dal Times and Seasons e assicura che “Il contenuto delle lamine, assieme a un facsimile di queste, sarà pubblicato dal Times and Seasons
non appena la traduzione sarà completata.” Il 24 giugno 1843 Taylor e Woodruff pubblicano finalmente i facsimili delle lamine in un volantino allegato al Nauvoo Neighbor, ma di lì a un anno Joseph
Smith sarà morto senza aver potuto iniziare la traduzione e lo stesso destino tocca
al Libro di Giuseppe.
Gli storici Don Bradley e Mark Ashurst-McGee mostrano come uno dei simboli sulle lamine sia simile a uno presente in fondo alla pagina 4 della Grammar and A[l]phabet of the Egyptian Language, la grammatica egiziana che Joseph Smith aveva prodotto nel 1835 mentre traduceva il Libro di Abrahamo. Il simbolo egiziano viene tradotto da Smith come “Ho e oop hah - onore alla nascita, potere regale attraverso la linea di Faraone. Possesso per nascita[,] uno che regna sul suo trono universalmente - Possessore del cielo e della terra e delle benedizioni della terra”, che ricorda un po’ le parole che William Clayton aveva scritto nel proprio diario. Se così fosse, penso che indichi che Joseph Smith credeva che le lamine fossero vere e che per tradurle avrebbe adoperato un metodo simile a quello usato per cercare di decifrare i geroglifici dei papiri acquistati a Kirtland.
Riporto una lettera che Wilbur Fugate scrive al giornalista James T. Cobb (figlio di primo letto di Augusta Adams, una delle mogli di Brigham Young):
Mound Station, Ill., 30 giugno 1879
Sig. Cobb,
Ho ricevuto la sua lettera riguardo quelle lamine e dirò in risposta che esse sono una BUFALA, ideata da Robert Wiley, Bridge Whitton e me stesso. Whitton è morto. Non so se Wiley lo sia o no. Nessuna delle nove persone che hanno firmato il certificato conosceva il segreto eccetto Wiley ed io. Avevamo letto nella profezia di Pratt che “La verità stava per scaturire dalla terra.” Decidemmo di dimostrare la profezia attraverso uno scherzo. Presto facemmo i nostri piani e li eseguimmo; Bridge Whitton le tagliò (le lamine) da alcuni pezzi di rame; Wiley ed io creammo i geroglifici facendo delle incisioni su cera d’api, riempiendole di acido e mettendolo sulle lamine. Quando furono terminate le assemblammo assieme a ruggine fatta di acido nitrico, vecchio ferro e piombo e le unimmo con un pezzo di ferro da cerchioni, coprendole completamente con la ruggine. Il nostro piano funzionò ammirevolmente. Si scelse una certa domenica per scavare. La notte prima Wiley andò sul tumulo dove aveva precedentemente scavato fino alla profondità di circa otto piedi ed, essendoci una pietra piatta che suonava vuota al disotto, le mise sotto di essa. La mattina successiva c’era un bel numero di cittadini presenti per assistere alla ricerca ed erano presenti due anziani dei mormoni (Marsh e Sharp). La pietra venne presto rimossa ma passò un po’ di tempo prima che si scoprissero le lamine. Infine le raccolsi ed esclamai “un pezzo di metallo bianco!” Fayette Grubb me le strappò di mano, le sbatté contro la pietra e andarono in pezzi. Il dottor Harris le esaminò e disse che c’erano dei geroglifici su di esse. Prese dell’acido, rimosse la ruggine e ben presto furono in giro in mostra. Il sotto della pietra era all’apparenza a forma di cupola, circa tre piedi in diametro; c’erano alcune ossa all’ultimo stadio di decomposizione e anche alcuni pezzi di ceramica e carbone. Non si trovò NESSUNO SCHELETRO. Sharp, l’anziano mormone, saltò, urlò di gioia e disse che Satana gli era apparso e gli aveva detto di non andare (allo scavo), che era una burla di Fugate e Wiley, ma in un secondo momento il Signore gli apparve e gli disse di andare, che il tesoro era lì.
I mormoni vollero portare le lamine a Joe Smith, ma rifiutammo di lasciarle andare. Un po’ di tempo dopo un uomo sotto il nome di Savage, di Quincy, prese in prestito le lamine da Wiley per mostrarle ai suoi amici letterati laggiù e le portò da Joe Smith. Queste medesime lamine furono restituite a Wiley, che le diede al professor McDowell di St. Louis per il suo museo.
W. FUGATE
Come visto nella lettera di Charlotte Haven, l’uomo che portò le lamine a Joseph Smith non si chiamava Savage ma Joshua Moore: qui Fugate deve essersi confuso con il nome dato che erano pur sempre passati 36 anni. Il museo di cui parla era ospitato nel McDowell Medical College, che venne saccheggiato nel 1861 durante la guerra di secessione per rifarsi su Joseph Nash McDowell, che si era arruolato nell’esercito sudista mentre il Missouri era schierato col nord pur essendo uno stato schiavista. Da allora si perderanno le tracce delle lamine fino al 1920, quando una di esse verrà donata alla Chicago Historical Society (sul suo sito si possono vedere le immagini a colori). Per curiosa coincidenza la sede della CHS all’epoca era stata progettata da Henry Ives Cobb, di cui James Cobb era lo zio.
Il McDowell Medical College nel 1868 |
In una lettera dell’8 aprile 1878 Wilbur Fugate aveva anche detto: “Da quel che abbiamo capito Jo Smith ha detto che sarebbero diventate un libro di 1.200 pagine ma che non avrebbe accettato di tradurle fino a quando non fossero state mandate all’Antiquarian Society di Philadelphia, in Francia e in Regno Unito; vennero inviate e la risposta fu che tali geroglifici non erano conosciuti e che, se erano mai esistiti, erano scomparsi da molto tempo; allora Smith iniziò la sua traduzione.” Quest’informazione, se corretta, è interessante perché sembra che Smith si volesse assicurare che i caratteri fossero effettivamente sconosciuti prima di occuparsene. Se fossero state traducibili da qualche linguista, la traduzione ispirata sarebbe stata facilissima da smentire e la reputazione da traduttore e veggente ne avrebbe risentito. Le due lettere vennero pubblicate dal Salt Lake Daily Tribune il 10 maggio 1879 in un articolo che fece scalpore.
Già nel 1858 l'apostolo Orson Pratt, dopo aver letto un resoconto in cui si parlava
delle lamine di Kinderhook e del fabbro che aveva confessato di averle
realizzate, avrebbe detto che “era ben convinto che le lamine fossero un imbroglio” (Mormon Portraits, p. 211), ma praticamente nessun altro dirigente mormone condividerà la sua idea. Dal 1843 al 1981 la Chiesa SUG rivendicherà l’autenticità delle lamine sostenendo che fossero una prova a favore del Libro di Mormon e del fatto che Joseph Smith fosse un profeta, mettendo in discussione la veridicità di Fugate.
Nel 1909 il Settanta B. H. Roberts spiega molto chiaramente perché la Chiesa insisteva che le lamine fossero genuine, visto che così le aveva dichiarate Joseph Smith e che ne aveva anche tradotta una parte, dimostrandone l’antichità e il fatto che fosse una lingua autentica: “[…] se la storia di Fugate fosse vera? Poiché sebbene l’affermazione nel testo del diario del Profeta, secondo cui il ritrovamento era autentico e che aveva tradotto alcuni dei caratteri e appreso alcuni fatti storici riguardanti la persona con i cui resti sono state trovate le lamine, avesse potuto non essere nota all’epoca ai presunti cospiratori per ingannarlo, l’editore del Times and Seasons -John Taylor, l’intimo amico personale del Profeta- prese comunque sul serio il ritrovamento, ed espresse subito esplicita fiducia in un editoriale del Times and Seasons del 1° maggio 1843 che il Profeta potesse dare una traduzione delle lamine. E la Chiesa ha continuato a mantenere questo atteggiamento, poiché nel The Prophet (un settimanale mormone pubblicato a New York) del 15 febbraio 1845 fu pubblicato un facsimile delle lamine di Kinderhook, insieme all’editoriale del Times and Seasons e a tutto il suddetto argomento del testo. Come sarebbe stato facile coprire di ridicolo Joseph Smith e i suoi seguaci proclamando la bufala non appena accettarono le lamine di Kinderhook come autentiche! Perché non è stato fatto? Il fatto che la storia di Fugate non sia stata raccontata fino a trentasei anni dopo l’evento, e che solo lui di tutti coloro che erano collegati all’evento dia quella versione, è una prova piuttosto forte che è la sua storia a essere una bufala, non la scoperta delle lamine né le incisioni su di esse.” (New Witnesses for God, vol. III p. 63-64)
Una rubrica nell’Improvement Era (la rivista ufficiale della Chiesa dal 1897 al 1970) di marzo 1904 dice riguardo al ritrovamento delle lamine che “L’accaduto andrebbe molto lontano nel confermare l’idea che in tempi molto antichi ci fossero rapporti tra l’emisfero orientale e quello occidentale; e la dichiarazione del profeta vorrebbe dire che i resti erano egiziani. La giusta implicazione dalle parole del profeta, inoltre, è che questo discendente dei faraoni possedesse un regno nel nuovo mondo; e questa circostanza può rappresentare la prova di un pizzico di civiltà egizia nelle nostre antichità americane.”
Nell’Improvement Era di settembre 1962 Welby W. Ricks, presidente della BYU Archaeological Society, afferma che “La recente scoperta di una delle lamine di Kinderhook che è stata esaminata da Joseph Smith Jr. riafferma la sua chiamata profetica e rivela le false dichiarazioni fatte da uno degli scopritori. [...] ha risolto una controversia vecchia di settantaquattro anni e ha rimesso le lamine nella categoria di 'vere' che Joseph Smith Jr. aveva detto essere in primo luogo. [...] Ciò che gli studiosi potrebbero imparare da questo antico documento negli anni futuri o ciò che potrebbe essere tradotto dal potere divino è un pensiero emozionante da contemplare. Questo rimane. Joseph Smith Jr. si erge come un vero profeta e traduttore di antichi annali per mezzo divino e tutto il mondo è invitato a investigare la verità che è scaturita dalla terra non solo dalle lamine di Kinderhook, ma anche da quelle del Libro di Mormon.”
Nel sesto volume del popolare Commentary on the Book of Mormon, uscito nel 1961 e che contiene gli scritti del Settanta George Reynolds e di Janne M. Sjodahl (direttore di svariati periodici della Chiesa) si trova la seguente dichiarazione: “Ma d’altra parte abbiamo di fronte il fatto che lo scheletro del faraone, trovato a Kinderhook, in Illinois, di cui si è parlato in precedenza, è stato estratto da un grande tumulo. Dopo essere penetrati per circa undici piedi gli operai arrivarono a un letto di calcare che era stato sottoposto all’azione del fuoco. Rimossero le pietre, che erano piccole e facili da maneggiare, alla profondità di altri due piedi, quando trovarono lo scheletro. Questa era evidentemente una camera funeraria poiché, con le ossa che sembravano essere state bruciate, era stato trovato molto carbone e cenere. Da questo fatto è evidente che alcuni dei tumuli sono di data molto antica, poiché non è ipotizzabile che quest’uomo sia stato l’unico della sua razza e nazione a essere sepolto in questo modo. Suggeriamo anche che questa colonia di egiziani possa aver originato lo stile dell’architettura in questo paese in cui tanti trovano somiglianze con quella egiziana, e che è particolarmente caratterizzata dall’erezione di vaste piramidi tronche.” (p. 232)
L’apostolo Mark E. Petersen scrisse in un libro del 1979 che, fra le varie lamine metalliche antiche, “Ci sono anche le lamine di Kinderhook, trovate in America e ora in possesso della Chicago Historical Society. La controversia ha circondato queste lamine e le loro incisioni, ma la maggior parte degli esperti concorda che sono di epoca antica.” (Those Gold Plates! p. 3)
Nel 1960 la Chicago Historical Society aveva notificato la Chiesa di avere una delle lamine. Dopo alcuni test inconcludenti fatti da vari ricercatori, nel 1980 D. Lynn Johnson della Northwestern University svolge degli esami approfonditi per capire quale fosse effettivamente la loro origine, che danno ragione a Wilbur Fugate: le lamine sono in una lega tipica dell’Ottocento e sono state realizzate con la tecnica dell’acquaforte descritta da Fugate, quindi Joseph Smith ci era cascato e non avrebbe potuto tradurle davvero. Nel numero di agosto del 1981 l’Ensign deve ammettere infine l’evidenza in un articolo di Stanley B. Kimball (professore di storia alla Southern Illinois University per il quale il professor Johnson aveva svolto gli esami) intitolato “Kinderhook Plates Brought to Joseph Smith Appear to Be a Nineteenth-Century Hoax”. Da quel giorno la retorica cambia completamente e si cerca di dire che Smith non le stava traducendo con il suo dono o si insinua senza alcuna prova che non le avesse tradotte perché sapeva che erano false.
Ironicamente, meno di un anno prima l’Ensign aveva pubblicizzato la scoperta del falso manoscritto Anthon di Mark Hofmann e le autorità generali si faranno abbindolare di nuovo da un falsario, comprandogli materiale fasullo e dimostrando ancora una volta una seria mancanza di discernimento quando si tratta di riconoscere documenti storici.
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