20 marzo 1826: Joseph Smith a processo

Come visto nello scorso post, nel novembre del 1825 Josiah Stowell andò a trovare il suo primogenito Simpson, che viveva a Palmyra; lì fece la conoscenza di Joseph Smith e lo assunse perché usasse la sua pietra divinatoria per aiutarlo a trovare unantica miniera spagnola che cercava dalle sue parti, lungo il corso del Susquehanna. Le ricerche, come da tradizione dei money diggers, furono infruttuose per la compagnia ma fecero guadagnare quel mese 14 dollari a Joseph: 366 dollari di oggi calcolando l’inflazione, in un’epoca in cui gli operai che avevano scavato il canale dell’Erie, che intersecava Palmyra, ne guadagnavano 10 mensilmente e un timoniere che ne pilotava le chiatte ne prendeva 15. Joseph Smith e suo padre alloggiarono da Isaac Hale, il cui fratello William era un altro cercatore di tesori. Il giovane Smith lavorò anche nei campi di Stowell, seguì i corsi della scuola locale e frequentò la figlia di Isaac, Emma, per il dispiacere dei genitori che speravano in un futuro genero più laborioso, benestante e onorevole. I due scapperanno di casa per sposarsi il 18 gennaio 1827 e Josiah Stowell darà loro un passaggio a Manchester, dove Emma vivrà con il resto degli Smith; a dicembre torneranno dagli Hale a Harmony, dove Joseph inizierà a dettare il Libro di Mormon trascurando la fattoria che il suocero aveva venduto alla novella coppia.

Mappa del 1800: la stella indica Palmyra, il cerchio è la zona degli scavi di Stowell
 

Nel marzo del 1826 Peter Bridgeman, un nipote di Josiah Stowell, denuncia Joseph Smith: come già detto, i money diggers erano uno spettacolo comune nella regione e tale comunità era anche un ricettacolo di truffatori, ladri e impostori che sfruttavano la credulità dei partecipanti. Per scoraggiare queste attività, le leggi dello stato di New York definivano persone moleste tutti coloro che sostengono di avere abilità in fisiognomia, chiromanzia o simili scienze capziose o che sostengono di poter predire il futuro o scoprire dove possono essere nascosti beni perduti.” Non era raro che i “beni perduti” fossero ritrovati dagli stessi individui che in realtà li avevano sottratti al legittimo proprietario e sostenevano di averli ritrovati col loro dono per farsi pagare, per coltivare la fama di essere dei veggenti o entrambe le cose. Allo stesso modo, individui benestanti avevano dilapidato il proprio patrimonio alla ricerca di immaginari tesori sepolti, incoraggiati ovviamente da tali veggenti, e la famiglia di Stowell (Miriam, la moglie di Josiah, era una Bridgeman e anche i McMaster erano parenti) portò a processo Joseph Smith per allontanarlo ed evitare che Josiah e la sua eredità facessero quella fine. Di seguito riporto il testo degli appunti di Albert Neely, il giudice di pace del processo, pubblicato nel 1886 dal Christian Advocate.

 

“Popolo dello stato di New York contro Joseph Smith”

Mandato emesso in seguito a reclamo sotto giuramento scritto di Peter G. Bridgman, che notifica che un certo Joseph Smith di Bainbridge è una persona molesta e un impostore.

Il prigioniero è portato davanti alla corte il 20 marzo 1826. Il prigioniero è interrogato: dice che viene dalla cittadina di Palmyra e che era stato in casa di Josiah Stowel a Bainbridge per la maggior parte di quel tempo; era stato impiegato per poco tempo nella ricerca di miniere ma era stato impiegato da detto Stowel per lo più alla sua fattoria e ad andare a scuola. Che aveva una certa pietra che ha scrutato occasionalmente per determinare dove ci fossero dei tesori nascosti nelle viscere della terra; che afferma di dire in tal modo dove ci fossero delle miniere d’oro a una certa profondità sottoterra e che aveva scrutato diverse volte per il signor Stowel e lo aveva informato di dove avrebbe potuto trovare questi tesori e che il signor Stowel era stato occupato a scavare per trovarli. Che a Palmyra sosteneva di poter dire guardando la sua pietra dove fossero sepolte in Pennsylvania monete coniate e che, mentre era a Palmyra, aveva stabilito frequentemente in quel modo dove fossero situati beni perduti di vario genere; che per tre anni aveva avuto occasionalmente l’abitudine di guardare attraverso questa pietra per trovare beni perduti, ma che ultimamente aveva praticamente lasciato perdere in quanto danneggiava la sua salute, specialmente i suoi occhi, facendoglieli dolere; che non sollecitava affari di questo tipo e che aveva invece sempre rifiutato di avere qualcosa a che fare con queste attività.

Josiah Stowel giura: dice che il prigioniero era stato a casa sua per qualcosa come cinque mesi; era stato impiegato da lui per lavorare alla fattoria una parte del tempo; che pretendeva di avere la capacità di poter dire dove fossero tesori nascosti sotto terra per mezzo di una certa pietra attraverso la quale guardava; che il prigioniero aveva scrutato per lui qualche volta; una volta per dirgli di denaro sepolto nella Bend Mountain in Pennsylvania, una volta per dell’oro sulla Monument Hill e una volta per una sorgente salina; e che sapeva con certezza che il prigioniero poteva dire, e possedeva l’arte, di vedere quei tesori preziosi attraverso detta pietra; che aveva trovato la parte riguardante lo scavo alla Bend e alla Monument Hill come il prigioniero aveva descritto; che il prigioniero aveva guardato attraverso detta pietra per il diacono Attleton per cercare una miniera, che non l’aveva esattamente trovata, ma aveva trovato un pezzo di minerale che sembrava, crede, oro; che il prigioniero aveva detto per mezzo di questa pietra dove un certo signor Bacon aveva sepolto del denaro; che lui e il prigioniero ne erano andati alla ricerca; che il prigioniero aveva detto che era in una certa radice di un ceppo a cinque piedi dalla superficie del terreno e che con questo sarebbe stata trovata una piuma; che detto Stowel ed il prigioniero cominciarono quindi a scavare, trovarono una piuma ma il denaro era scomparso; che suppose che il denaro fosse sprofondato. Che il prigioniero non offrì i suoi servigi; che non lo aveva mai ingannato; che il prigioniero aveva guardato attraverso la pietra e aveva descritto correttamente la casa e le latrine di Josiah Stowel mentre era a Palmyra da Simpson Stowel; che aveva parlato di un albero dipinto con la mano di un uomo disegnata sopra, per mezzo di detta pietra. Che era stato in compagnia del prigioniero per esumare oro e che aveva la più completa fiducia nelle abilità del prigioniero.

Horace Stowel giura: dice che ha visto il prigioniero guardare in quella strana pietra pretendendo di dire dove fosse sepolto un baule di dollari a Windsor, distante un certo numero di miglia, e tracciò le dimensioni del baule nelle foglie per terra.

Arad Stowel giura: dice che era andato a vedere se il prigioniero avesse potuto convincerlo di avere la capacità che pretendeva di avere, al che il prigioniero mise un libro aperto su un panno bianco e propose di guardare attraverso un’altra pietra, che era bianca e trasparente, tenne la pietra davanti alla candela, girò la schiena al libro e lesse. L’inganno sembrò così chiaro che se ne andò disgustato.

McMaster giura: dice che era andato con Arad Stowel per farsi convincere delle abilità del prigioniero e se ne era andato parimenti disgustato, trovando l’inganno tanto evidente. Il prigioniero sosteneva di poter scoprire oggetti da lontano tenendo questa pietra bianca contro il sole o una candela; che il prigioniero aveva invece rifiutato di guardare in un cappello attraverso la sua pietra dal colore scuro in quanto gli faceva venire male agli occhi.

Jonathan Thompson dice che al prigioniero fu richiesto di cercare un baule di soldi da Yoemans; guardò e dichiarò di sapere dove fosse e che il prigioniero, Thompson e Yoemans andarono alla sua ricerca; che Smith arrivò sul luogo per primo; era notte; che Smith guardò nel cappello mentre era lì e, quando fu molto buio, disse com’era disposto il forziere. Dopo aver scavato per diversi piedi colpirono qualcosa che fece un rumore simile a una tavola o a un asse. Il prigioniero non guardò di nuovo, sostenendo di essere preoccupato per l’ultima volta che aveva guardato, in merito alle circostanze in cui era stato sepolto il baule e di cui si era appena ricordato. Che l’ultima volta che aveva guardato aveva visto distintamente i due Indiani che avevano sepolto lo scrigno, che fra i due era seguito un litigio e che uno di questi Indiani era stato ucciso dall’altro e gettato nella fossa di fianco al forziere per fargli, immaginava, la guardia. Thompson dice che crede nelle abilità professate dal prigioniero; che l’asse che aveva colpito con la sua pala era probabilmente il forziere ma che a causa di un incantesimo il cofano continuava ad allontanarsi da sotto di loro mentre scavavano; che ciononostante persistettero continuamente a rimuovere terreno mentre tuttavia il forziere si manteneva pressappoco equidistante da loro. Racconta che il prigioniero disse che gli sembrava che si potesse trovare del sale a Bainbridge e che era certo che il prigioniero potesse divinare oggetti per mezzo di detti pietra e cappello. Che come prova del fatto il prigioniero aveva guardato nel suo cappello per raccontargli di denaro che il testimone aveva perso 16 anni prima e che aveva descritto l’uomo che il testimone sospettava l’avesse sottratto e la disposizione del denaro:

Pertanto la corte dichiara l’imputato colpevole. Costi: Mandato, 19c. Reclamo sotto giuramento, 25½c. Sette testimoni, 87½c. Obbligo verso la corte, 25c. Mandato di arresto, 19c. Obbligo verso la corte dei testimoni, 75c. Mandato di comparizione, 18c. - $2.68

 

Diversi punti di queste testimonianze mi hanno interpellato e trovo che diano un’idea del metodo di Joseph Smith per accreditarsi come veggente:

  • Convince Josiah Stowell descrivendogli la sua casa a Bainbridge, con tanto di edifici esterni e lalbero con la mano dipinta sopra; per una persona disposta a credergli questa è una prova dei poteri di Smith ma, ricordando che Simpson Stowell viveva a Palmyra, è facile sospettare che Smith lo avesse sentito descrivere i luoghi o che gli avesse chiesto lui stesso di parlargli della casa paterna.

  • Secondo Stowell, Attleton trova quello “che sembrava, crede, oro”: il fatto che non precisi l’esatta identità della vena indica che non fosse davvero oro ma un metallo più vile come la pirite (loro degli stolti, presente nella regione come dice il Gazetter and Business Directory of Chenango County, N.Y. del 1869, p. 82), altrimenti lo avrebbe senza dubbio estratto. Sembra però che la sua curiosità fosse stata soddisfatta in qualche modo.

  • Anche il fatto che Smith annunci che assieme al denaro avrebbero trovato una piuma è sospetto: il forziere non sarà trovato, come al solito, ma la piuma sì. Sembra un’azione premeditata da Smith: la parte preziosa non si trova, ma la parte senza valore è proprio lì come predetto e non ci sarebbe voluto molto a far scivolare una piuma nello scavo durante le operazioni o una pausa.

  • La testimonianza di Arad Stowell sul libro aperto che Joseph recita pur essendo girato dall’altra parte è interessante: Joseph era evidentemente riuscito a memorizzarne qualche linea o paragrafo, dote senzaltro molto utile quando dovrà dettare il Libro di Mormon.

  • Jonathan Thompson sostiene che Smith gli avesse descritto l’uomo che lui stesso sospettava gli avesse rubato del denaro anni prima; il denaro stesso non venne recuperato, mentre sarebbe stato facile per Smith sentire la storia o scoprire chiedendo in giro che aspetto avesse l’uomo sospettato da Thompson, oppure facendolo dire a Thompson stesso con una lettura a caldo senza che si accorgesse delle sue vere intenzioni.

Tutti questi sono i tipici trucchi del mestiere usati da prestigiatori, medium e sensitivi, non prove di poteri sovrannaturali in possesso di Smith. Eusapia Palladino, Gustavo Rol e Uri Geller sono classici esempi di come persone abili possano raggirare anche quelle normalmente scettiche, figurarsi poi quando si tratta di individui già predisposti a credere a tesori nascosti e rabdomanzia, al punto da investire non pochi soldi e tempo in quelle attività. Rimando a Viaggio nel mondo del paranormale: indagine sulla parapsicologia di Piero Angela, che parla molto bene di rabdomanzia, lettura di libri chiusi, mentalismo e altri trucchi analoghi a quelli usati dal giovane Joseph Smith.

 

Le vicende degli appunti del giudice Neely

Gli appunti di Neely sul processo erano in un registro le cui pagine vengono poi strappate via dalla nipote Emily Pearsall che, qualche mese prima di morire, permette al giornalista britannico Charles Marshall di copiarli; verranno pubblicati nel Fraser’s Magazine del febbraio 1873. Il vescovo episcopale di Salt Lake City Daniel S. Tuttle, che aveva ospitato la Pearsall mentre era missionaria, ignorava che gli appunti fossero già stati pubblicati nel Regno Unito; li recupera alla morte della donna e nel gennaio del 1886 questi vengono pubblicati dal Christian Advocate, versione presentata qui perché quella del Fraser’s Magazine aveva tagliato alcune parti. Purtroppo le pagine originali contenenti gli appunti sono andate perse poco dopo.

Fino al 1971 diversi studiosi mormoni dichiararono con convinzione che non c’era stato nessun processo nel 1826 perché sarebbe stato un fatto molto grave per la credibilità di Joseph Smith. Lo scrittore mormone Francis W. Kirkham disse nel 1951, un po’ drammaticamente: “Se si potesse identificare un verbale di tribunale, e se questo contenesse una confessione di Joseph Smith che lo rivelasse una persona povera, ignorante e superstiziosa -incapace egli stesso di scrivere un libro di qualche importanza e la cui chiesa non potrebbe durare perché avrebbe attratto solo persone di simile bassa mentalità- se si potesse identificare e dimostrare un tale verbale di tribunale, allora ne consegue che i suoi credenti debbano negare le sue rivendicazioni di guida divina che li avevano portati a seguirlo […] Come potrebbe egli essere un profeta di Dio, il capo della chiesa restaurata per quelle decine di migliaia, se era la frode superstiziosa che “le pagine di un libro” dichiarano che aveva confessato di essere?” (A New Witness for Christ in America, pp. 486-487) Kirkham ha ragione su tutta la linea, anche se mi sembra esagerato dire che solo persone di “bassa mentalità” si sarebbero unite al mormonismo: dopotutto Oliver Cowdery, Sidney Rigdon o i fratelli Pratt non erano certo né ignoranti né stupidi, così come non lo sono molti che credono ancora oggi in oroscopi o nella cosiddetta medicina alternativa.

Nel 1961 lapologeta Hugh Nibley pubblica The Myth Makers, libro che prende la forma di un processo a Joseph Smith in cui si esaminano le testimonianze contro di lui. Nibley fa sentire la propria voce attraverso il presidente della corte e, dopo aver definito Emily Pearsall una “vecchia domestica pettegola”, aggiunge che “se questo verbale di tribunale è autentico, è la prova più incriminante in esistenza contro Joseph Smith.” (p. 142)

Dettaglio della ricevuta del giudice Neely

 

Nel 1971 il pastore presbiteriano Wesley P. Walters trova nei magazzini della prigione della contea di Chenango, a Norwich, due ricevute datate 20 marzo 1826: la prima è quella per il pagamento di 2,68 $ al giudice Albert Neely per la causa contro “Joseph Smith il cristallomante”. L’altra è quella per il pagamento del poliziotto Philip De Zeng, che aveva portato il mandato d’arresto a Joseph Smith e convocato i testimoni per il processo. La data del 20 marzo e il costo di 2,68 $ corrispondono esattamente a quanto detto negli appunti del giudice Neely, confermando quindi lattendibilità degli appunti portati dalla Pearsall e il processo del 1826. Inutile dire che i commenti di Kirkham e Nibley sulla micidialità degli appunti non sono invecchiati bene e oggi si cercano scuse diverse per giustificare la carriera magica di Joseph Smith.

 

Altri resoconti 

Abram W. Benton ci fornisce il più vecchio racconto sul processo del 1826 e sul suo esito nel numero dell’Evangelical Magazine and Gospel Advocate del marzo 1831: “In questa cittadina un ricco fattore di nome Josiah Stowell, assieme ad altri, spese grandi quantità di denaro scavando alla ricerca di tesori nascosti, che questo Smith sosteneva di poter vedere e diceva loro dove scavare, ma non trovarono mai il loro tesoro. Alla fine la gente, stufa di questa vile impostura che sbolognava ai creduloni e agli ignoranti allo scopo di scroccare il vitto dai loro patrimoni, lo fece arrestare come persona molesta, processare e condannare davanti a una corte di giustizia. Considerando però la sua giovane età (essendo allora minorenne) e pensando che avrebbe rettificato il suo comportamento, gli fu volutamente permesso di fuggire. Questo accadde quattro o cinque anni fa.”

Nell’estate del 1830 Joseph Smith tornò a Colesville, sempre nell’area dove aveva scavato con Stowell, per predicare riguardo la sua neonata chiesa che aveva lì alcuni convertiti. Molti abitanti che si ricordavano bene di lui, e che dovevano vederlo come recidivo, lo denunciarono di nuovo sia a Colesville che a South Bainbridge di essere una persona molesta e un vagabondo per allontanare lui e nuove potenziali truffe. Benton, uno dei testimoni a questo processo, riporta nello stesso articolo che “Durante il processo venne mostrato che il Libro di Mormon venne portato alla luce tramite lo stesso potere magico col quale pretendeva di fare l’indovino, scoprire tesori nascosti ecc.” I fatti del 1826 erano però stati già processati e, dato che Joseph aveva usato la pietra negli ultimi due anni ma stavolta non per cercare tesori nascosti, erano ormai andati in prescrizione, quindi l’imputato venne assolto. Durante il processo del 1830 Josiah Stowell confermerà che Joseph Smith era scappato dallagente e andò a Palmyra dopo quello del 1826 (pratica comunemente chiamata leg bail), come pubblicato il 7 novembre 1832 dal New England Christian Herald.

William D. Purple, che aveva preso degli appunti durante il processo del 1826, fornisce ulteriori dettagli in un racconto pubblicato dal Chenango Union il 2 maggio 1877. Il giovane Smith racconta che si era procurato la sua prima pietra divinatoria dopo averla individuata attraverso la pietra di una ragazza e che la aveva trovata fra le radici di un albero dopo aver intrapreso un viaggio di 150 miglia fino alla riva orientale del lago Erie. La giovane era la veggente Sally Chase, e Joseph aveva recuperato unaltra pietra divinatoria scavando un pozzo a Palmyra per il fratello di Sally. Dopo aver parlato brevemente delle testimonianze positive del padre di Joseph Smith e poi di Josiah Stowell sui poteri del giovane, aggiunge quella di Jonathan Thompson che è più lunga di quella che si trova negli appunti del giudice Neely:

“Il signor Thompson, un impiegato del signor Stowell, fu il testimone successivo. Lui e un altro uomo erano impiegati per scavare alla ricerca di tesori e assistevano spesso il diacono [Josiah Stowell] e Smith nei loro lavori notturni. Non può affermare che avessero mai trovato qualcosa di valore. La seguente scena fu descritta dal testimone e annotata con cura: Smith aveva detto al diacono che molti anni prima una banda di ladroni aveva sepolto nella sua piana un baule di tesori e, siccome era di gran valore, avevano gettato su di essa un incantesimo tramite un sacrificio per proteggerla in modo che non potesse essere ottenuta se non con la fede accompagnata da certe influenze talismaniche. Perciò, dopo essersi armati di digiuno e preghiera, si incamminarono verso il punto designato da Smith. Incominciarono lo scavo con paura e tremori alla presenza di questo incantesimo immaginario. Il cofano del tesoro venne colpito dalla pala a pochi piedi dalla superficie, al che raddoppiarono gli sforzi ma esso si ritirò gradualmente dal loro pugno. Uno degli uomini piazzò la propria mano sul baule, ma esso affondò gradualmente dalla sua presa. Dopo aver raggiunto senza alcun successo una profondità di circa cinque piedi, si convocò un consiglio di guerra contro lo spirito dell’oscurità e decisero che la causa del loro fallimento fosse la mancanza di fede o una qualche emozione mentale sconveniente.

In quest’emergenza si fece appello alla fertile mente di Smith per escogitare un modo per ottenere il bottino. Il signor Stowell andò al suo gregge e selezionò un agnello bello e forte e decise di sacrificarlo allo spirito demoniaco che sorvegliava il bramato tesoro. Poco dopo si poteva vedere il venerabile diacono vicino al buco sulle sue ginocchia in preghiera mentre si poteva vedere Smith, con una lanterna in una mano per scacciare l’oscurità della mezzanotte, camminare in cerchio attorno al luogo aspergendo il suolo col sangue che scorreva dall’agnello per propiziarsi lo spirito che li ostacolava. Scesero poi nello scavo, ma il tesoro si allontanò ancora dalla loro presa e non fu mai ottenuto.”

Purple conclude parlando di un’assoluzione ma si deve essere confuso con uno dei processi del 1830, dato che gli appunti di Neely e le altre pubblicazioni confermano la condanna e il permesso di scappare via. Alcune persone incontrate lungo il Susquehanna si uniranno alla futura chiesa di Smith, come la moglie Emma, Josiah Stowell e le famiglie di Joseph Knight padre e di sua moglie, Polly Peck; molti altri lo prenderanno per lennesimo impostore e i loro resoconti mostrano le manipolazioni di Joseph Smith per farsi credere un veggente e procurarsi denaro, abitudine che non perderà negli anni a venire. Le denunce, i sabotaggi e lopposizione di coloro che lo vedevano come un impostore spingerà Joseph Smith e i tre rami newyorkesi di Manchester, Fayette e Colesville a trovare un luogo dove il profeta possa sfuggire alla cattiva fama guadagnata fra New York e Pennsylvania, lamentandosi di essere perseguitati: nel 1831 si sposteranno nellOhio attraverso il canale dellErie, dove i nuovi convertiti di Kirtland lo accoglieranno a braccia aperte. 

 

Fonti:

The Joseph Smith Papers - Introduction to People v. JS

Fuller Consideration - Trial of 1826

John Phillip Walker, Dale Morgan on Early MormonismAppendice A

Dan Vogel, The Locations of Joseph Smith’s Early Treasure Quests

Dan Vogel, Joseph Smith: The Making of a Prophet - Capitolo 6

Jerald e Sandra Tanner, The Changing World of MormonismCapitolo 4

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